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L’analisi La forza di Bibi è la debolezza di Barack

Gli ebrei celebrano oggi la "festa delle settimane", il pellegrinaggio che raduna davanti al Muro del Pianto, il tempio distrutto dall’imperatore Tito nel 70, migliaia di persone. È l'occasione per riaffermare - come ha appena fatto il premier Netanyahu - il legame millenario degli ebrei con Gerusalemme che deve rimanere capitale indivisa di Israele. Lo scontro con l'amministrazione Obama, impegnata a creare «due Stati in Palestina con Gerusalemme capitale per entrambi», sembra inevitabile. Ma non per uno stretto collaboratore del premier che mi parla in anonimato per spiegarne le ragioni:
1. Debolezza di Obama. Terrà al Cairo l'atteso discorso di politica mediorientale, con in tasca l'impegno di Gerusalemme ad eliminare 10 piccoli insediamenti «illegali». Di eliminare i grandi non se ne parla e a controllare il loro sviluppo ci penserà la crisi economica non il governo. Nel frattempo gli schiaffi provocatori di Teheran a Washington si accumulano assieme a quelli della Corea del Nord. All'incontro in Olanda dove la Clinton avrebbe per la prima volta incontrato un rappresentante iraniano è stato mandato un ambasciatore in pensione. A Teheran , invece, il presidente iraniano ha convocato quelli di Afghanistan e Pakistan (alleati di Washington) per discutere della cacciata dell'America dalla regione. Washington avrà altro da fare nei prossimi mesi che occuparsi delle colonie ebraiche in Cisgiordania e dello stato palestinese.
2. I rapporti internazionali di Israele in fase di profonda revisione. Il ministro degli esteri Lieberman è già stato due volte a Mosca. Ha chiesto di incontrare il dittatore bielorusso noto per la sua poca simpatia per gli ebrei. Ha ricevuto i soldi per aprire un’ambasciata a Minsk e un'altra nell'ex Asia sovietica. Il suo vice Danny Ayalon, ex ambasciatore a Washington, in visita all'America latina, rilancia la presenza attiva israeliana in quel continente e in Africa, politica messa in sordina dalla polarizzazione su Washington.
3. Il tallone d'Achille d'Israele, cioè l'accettazione della falsa credenza di un controllo mondiale ebraico sul mondo. Questa credenza, nata dal sempre più diffuso falso dei «Protocolli dei Saggi di Sion» inventata dalla polizia zarista e contro cui gli ebrei e la propaganda israeliana hanno invano lottato, ha enormemente danneggiato la posizione dello Stato d'Israele. Ha diffuso non solo nel mondo arabo l'idea che lo Stato sionista sia «la coda che fa muovere il cane americano». La tensione fra Netanyahu e Obama viene cosi percepita come una benedizione del Cielo nella misura in cui incrina senza drammatici cambiamenti di politica nei confronti dei palestinesi un’immagine che per Israele si è rivelata catastrofica.
4. L’Iran. Israele è l'unico paese in grado di danneggiare le sue strutture atomiche. Fa i preparativi necessari ma non si muoverà prima che Obama dimostri agli arabi e in primo luogo ai sauditi cosa è deciso a fare per proteggerli dalla minaccia iraniana sciita. Netanyahu, per avvicinarsi al Cairo, non ha esitato nel suo recente incontro con il presidente Mubarak a impegnarsi a rimuove il veto israeliano alla nomina alla testa dell'Unesco di Faruk Hosni, ministro della Cultura egiziana, ostile alla normalizzazione dei rapporti con Israele e noto per alcune dichiarazioni di tono antisemita che hanno sollevato le ire di una schiera di influenti intellettuali ebrei - da Wiesel a Henry Levy. Sarà un caso ma in seguito a questo incontro a Sharm el Sheik, l'Egitto ha intensificato la sua azione contro il contrabbando palestinese di armi attraverso la frontiera di Gaza. Fra gli Stati - diceva De Gaulle - non esistono amicizie permanenti.

Solo interessi permanenti.

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