L’analisi L’Italia paga la dissoluzione dei grandi gruppi

Dopo l'acquisto di Bulgari da parte del gruppo francese del lusso LVMH-Arnault, il tentativo di scalata di Fonsai di Pemafin-Ligresti da parte di Groupama, compagnia assicurativa francese bloccata dall'obbligo di Opa, ecco ora la notizia che Parmalat interessa a Lactalis, un gruppo francese alimentare, che già controlla in Italia Invernizzi, Galbani, Cademartori e Valle Lata. Lactalis ha rastrellato l'11% delle azioni Parmalat, ma potrebbe arrivare al 16% scalzando il gruppo di fondi di investimento MacKenzie, Skagen e Zenit a controllo svedese, che ne possiede il 15,3%. In ogni caso Lactalis, che vuole crescere ancora, non intende lanciare un’Opa e dunque resterà entro il 30%. Poi, una volta preso il controllo, procederebbe a frazionare la compagnia di Collecchio, rilevandone la parte che le interessa e cedendo le altre sul mercato.
In queste ore si è anche messo in moto il finanziere francese Vincent Bollorè, vicepresidente delle Assicurazioni Generali, che non ne ha votato il bilancio, perché non soddisfatto di ciò che fa l'amministratore delegato Perissinotto nell’Est Europa a anche nelle partecipate, come Telecom Italia, di cui Generali ha una quota del gruppo di controllo. Bollorè possiede attualmente un rispettabile 5% di Mediobanca attraverso Financiere du Perguet e dichiara che è disposto a salire al 6%, mentre il gruppo di amici francesi che sta con lui è titolare del 10%.
Poi c’è Edf, la gigantesca compagnia elettrica statale francese che controlla Edison, ossia la terza compagnia energetica italiana dopo Eni ed Enel. Mentre dal canto suo Air France, posseduta per il 18,6% dello stato francese, ha il 25% di Alitalia e SNCF, la compagnia ferroviaria statale francese, possiede il 20% di NTV, la società di Diego Della Valle e Montezemolo che ha la concessione per l'alta velocità da RFI, la compagnia della rete ferroviaria di Ferrovie italiane. Infine c’è SNOS, la Società Nazionale Officine di Savigliano che costruiva i pendolini, e che è stata ceduta del 2000 da Fiat al gruppo francese Alstom, ed ora ne fabbrica i treni ad alta velocità.
Come mai tanto interesse, soprattutto concentrato in queste ultime settimane, dei gruppi francesi per le imprese italiane? La tesi che ai francesi interessi il made in Italy del lusso non regge dato che il tentativo di scalata di Groupama a Fonsai riguarda le assicurazioni, mentre Edison è nel settore energetico, Alitalia nei trasporti aerei, SNOS ed NTV nei trasporti ferroviari e Parmalat nel latte e derivati. Come mai questa calata sistematica dei francesi in Italia?
La riposta è che essa è cominciata con la fine della prima Repubblica nell'intreccio fra privatizzazioni affrettate e processi penali che hanno portato alla dissoluzione dei nostri grandi gruppi. E l'economia francese opera sul mercato con astuzia ed un misto di grandi imprese pubbliche e compagnie private sostenute da banche d'affari. Ciò dà al suo capitalismo, più antico del nostro di quasi un secolo, una forza di penetrazione particolare. Il capitalismo italiano è costellato di crisi finanziarie e industriali (vedi gruppo Fiat), di vicende giudiziarie (vedi Montedison e Parmalat) ed ha avuto sino ad ora come epicentro solo la banca d'affari Mediobanca.
La legislazione e la regolamentazione bancaria italiana, sino a non molti anni fa, era contraria alla commistione fra banche e industria E solo di recente le grandi banche come Unicredit o Intesa Sanpaolo sono tornate ad occuparsi di iniziative industriali. I fondi di investimento italiani sino alla recente Legge mille proroghe erano sfavoriti da un regime fiscale oppressivo, mentre i fondi pensione della previdenza complementare sono ingabbiati in una struttura dirigista.

Abbiamo molti imprenditori capaci di innovare, ma non c'è abbastanza fiducia in loro e non ci sono abbastanza banche d'affari. Per scoprire che Bulgari e la nuova Parmalat sono ottime imprese multinazionali c'è voluto il fiuto dei francesi, mentre da noi vige ancora la teoria del declino.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica