L’analisi La mostruosità? Convincere la vittima che il male è «normale»

L’ultimo dato, relativo al 2006, parla di numeri spaventosi. Ogni anno, negli Stati Uniti, scompaiono circa 875mila minori, a fronte di un dato italiano che riporta tra i 1.500 e i 2.000 casi l’anno. Per fortuna, nella gran maggioranza dei casi, chi sparisce è presto identificato e rintracciato. Si tratta per lo più di allontanamenti volontari, di fughe spontanee motivate magari da litigi e incomprensioni. Solamente in pochi casi, meno dell’1%, la scomparsa nasconde un rapimento e finisce in tragedia, con un delitto, un omicidio e un piccolo corpo scaricato in un vicolo, oppure ai bordi di un’autostrada. Poi ci sono tanti misteri, quelli in cui si sono esaurite le piste investigative, in cui gli anni trascorrono senza indizi, tanto che solo i familiari ancora sperano. E a loro la storia di Jaycee Dugard darà certamente nuova forza. Perché Jaycee è ricomparsa, dopo essere sparita per 18 anni, rapita nel 1991 che era poco più che una bambina. Ma la sua vita è stata certo un inferno. Violentata e resa madre per due volte, ha partorito in una baracca sul retro della casa abitata da Phillip Garrido e da sua moglie Nancy, i suoi carnefici. Le sue figlie, che oggi hanno 11 e 15 anni, non hanno mai visto un medico, mai hanno frequentato una scuola.
Una vicenda che richiama alla mente quella di Natasha Kampush, rapita in Austria da Wolfgang Priklopil il 2 marzo 1988 che aveva dieci anni, e fuggita dopo otto di prigionia. E poi quella di Josef Fritzl, capace di stuprare la figlia per ventiquattro anni, tenendola segregata in una cantina. Dal rapporto incestuoso sono nati sette bimbi, uno dei quali morto subito dopo il parto e gettato a bruciare nella stufa di casa. Alcuni dei piccoli sono cresciuti in schiavitù come la loro madre, mentre altri sono stati adottati da Josef.
Ma cosa unisce queste storie di «mostri»? Innanzitutto il rapimento avviene sulla spinta di un movente sessuale. Potremmo definirli pedofili, ma non del genere esclusivo. Ciò sta a significare che possono avere famiglia, una compagna, avventure, ma sempre con partner succubi, inadeguati, infantili. Con il trascorrere degli anni il loro piacere perverso si modifica, perché la vittima cresce, e le sue caratteristiche fisiche inevitabilmente cambiano. Ma loro hanno trasformato la preda in un oggetto docile, una sorta di schiava, e la soddisfazione viene ora dall’onnipotenza del dominio e del controllo.
Certo si tratta di soggetti socialmente inadeguati, con una stima di sé insufficiente, il che non significa che debbano essere considerati irresponsabili delle loro azioni. Quanto alle vittime il discorso si fa complicato. Si è parlato di sindrome di Stoccolma, quella forma per la quale, dopo una lunga e forzata coesistenza, l’aggredito prende le parti dell’aggressore, in una sorta di identificazione con il più forte. Il fatto è che le tre ragazze, Natasha, Elizabeth e Jaycee, sono state sequestrate bambine, ed è possibile che non avessero piena conoscenza del mondo reale, finendo per accettare come «normale» la pseudo-realtà in cui sono state costrette a crescere.
Ciò renderebbe conto dei loro atteggiamenti successivi alla liberazione, atteggiamenti ambivalenti. Se la figlia di Fritzl non ha partecipato al processo contro il padre, Natasha Kampush si è presto trasformata in una star del piccolo schermo. Jaycee Dugard è sembrata fredda, assente, quasi «anestetizzata» dal punto di vista emotivo. Ci vorranno mesi o anni prima di capire che segni abbia lasciato nella sua anima la violenza di Phillip Garrido. E qualche inchiesta riguarderà anche le forze dell’ordine. Perché la casa in cui Jaycee è stata tenuta in schiavitù per 18 anni non distava molto dal luogo del suo rapimento. E poi perchè Garrido era già noto per un grave precedente penale. Nel 1971 era stato condannato per rapimento e violenza sessuale, quindi ristretto nel penitenziario federale di Leavenworth, nel Kansas. Ancora oggi, ogni mercoledì, l’ufficiale di controllo per la libertà sulla parola lo aspettava per un colloquio. Meritava certo una visita di qualche investigatore, una perquisizione accurata della sua casa.

Ma anche a Marcinelle, con Marc Dutroux, la polizia belga mancò di lavorare con un minimo di professionalità. E Melissa e Julie morirono di fame e di sete, in un buco scavato nel pavimento dove il mostro le aveva rinchiuse.

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