L’analisi Quelle lobby che manovrano

Gli effetti dei referendum di oggi e domani non sono pericolosi in sé: si decide, tra l’altro, su una legge secondaria che riguarda la possibilità di privatizzare in alcune occasioni la gestione dell’acqua. Una legge derivata «molto» dalle scelte dei Prodi, dei Bersani, dei finiani e dei Casini che oggi la rinnegano e dunque la «uccidono» a prescindere dal voto popolare.
Naturalmente come ogni espressione della fondamentale volontà popolare dovrà essere ben valutato per capire le proteste, le paure, la voglia di partecipare espresse dalla società italiana. Ma sul piano della funzione specifica di un referendum non ci saranno conseguenze.
Vi è un ampio fronte che però spera di utilizzare la consultazione come atto di sfiducia al governo. Dopo avere stravolto la vita democratica con l’uso politicizzato di ampi settori della magistratura, ora si tenta di attribuire un senso di plebiscito antigovernativo a scelte che costituzionalmente hanno valenza limitata. Si comprende come questa sia l’impostazione di Repubblica: è dagli anni Ottanta che questo quotidiano cerca di accrescere la propria influenza destabilizzando la politica e disgregando la società italiana. È un suo diritto garantito dalla sacra libertà di stampa. Si capisce anche che nomenclature svuotate, settori ammuffiti dell’establishment trovino opportuno utilizzare contro l’insopportabile outsider Silvio Berlusconi qualsiasi mezzo per farsi strada e perseguire i loro interessi.
Quello di cui non ci si fa bene una ragione è lo smarrimento di certe persone cresciute con la consapevolezza dei guasti che la radicalizzazione ha prodotto all’Italia del Novecento. Uomini che sanno quanto sia prezioso integrare la società e non dividerla in modo settario come si fa oggi giocando con l’antiberlusconismo. Non ci si capacita come persone di tal fatta giochino con l’uso extra istituzionale del referendum dicendo banalità sulla sacralità di un voto, che la Costituzione non prevede perché fissando un quorum definisce la possibilità di tre atteggiamenti: abrogare una legge, confermarla, o astenendosi affidare al Parlamento la soluzione di problemi che appaiono o troppo complessi o troppo minuscoli per essere risolti con forme di democrazia diretta.
Qualunque sia l’esito del voto, le possibilità di riprendere un’iniziativa della maggioranza appaiono ampie, consentendo quindi la tenuta di una democrazia pur evidentemente logorata. Ma non vanno sottovalutati i rischi che si accumulano nel Continente e nel Mediterraneo. Forti venti di protesta senza molte prospettive sorgono in nazioni come la Francia, l’Olanda, in Scandinavia. Il sud dell’Europa è sotto tensione.

I seminatori di vento in azione in questi giorni, non paiono avere coscienza della tempesta che può nascere in una società italiana divisa tra eletti e reietti. Anche questo è un buon motivo non per andare qualunquisticamente al mare, bensì per astenersi coscientemente dal votare un referendum inutile che qualcuno vuole trasformare in dannoso.

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