L’analisi Separati dalla realtà

Proprio quando si poteva sollevare qualche preoccupazione sulle capacità realizzatrici del governo Berlusconi di fronte alla serie di cortei di protesta in corso. Proprio quando Guglielmo Epifani parlava di Italia che insorgeva contro l’esecutivo, è arrivato uno storico contratto dei lavoratori pubblici firmato con il governo da Cisl e Uil (e Confsal, confederazione dei sindacati autonomi) ma non dalla Cgil.
Sia per i contenuti salariali (70 euro lordi) sia per quelli normativi che iniziano a introdurre criteri di merito nella valutazione del lavoro, l’accordo realizzato dal ministro Renato Brunetta con Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti consolida anche le possibilità d’incontro, già in larga misura individuate, tra Confindustria e le confederazioni riformiste su una nuova struttura della contrattazione nell’industria, per legarla maggiormente alla crescita della produttività. Anche in questo tavolo di discussione si registra la disponibilità di Cisl e Uil al dialogo e all’accordo, e l’incapacità della Cgil ad assumere una linea chiara.
Il pubblico impiego a lungo è stato il luogo dove le difficoltà politiche generali si trasformavano in richieste di aumenti salariali più alti di quelli del settore privato, con caratteristiche egualitaristiche e in certa misura deresponsabilizzanti. Era anche il settore dove nessuna delle grandi confederazioni osava «andare da sola» perché lasciare il monopolio della protesta a un concorrente poteva significare perdere parti non marginali di consenso. È evidente come un accordo che rompe con le antiche logiche, che indica una voglia di modernizzazione da parte dei sindacati riformisti e dei loro iscritti, rappresenti una svolta molto più storica di una delle tradizionali manifestazioni corporative del mondo della scuola, sempre scattate contro qualsiasi ministro della Pubblica istruzione di destra o di sinistra che si permettesse di toccare il potere dei sindacati. Illuminante in questo senso il piagnucolare di Epifani, segretario della Cgil: «Un’ulteriore divisione in una giornata che doveva essere di grande unità». Convincente il commento del segretario della Uil, Angeletti: «Siamo in presenza di un problema serio, la tendenza della Cgil a smettere di essere un sindacato: un sindacato difende degli interessi facendo accordi».
Nell’accordo appena siglato si leggono i risultati di cinque mesi di governo. Il lavoro di Brunetta per risvegliare l’orgoglio dei lavoratori pubblici, per fare accettare la sfida della modernizzazione e dell’efficienza, ha pagato, anche perché non vi è stata solo la contestazione di comportamenti sbagliati ma anche un’indicazione di vie concrete per l’innovazione.

Sull’importante accordo «separato» (cioè senza Cgil) di oggi pesa anche un diffuso clima sociale che non accetta più di pagare, in una situazione di pesante crisi, a pié di lista gli sprechi della cosa pubblica. Ecco un pensierino su cui dovrebbero concentrarsi anche quei rettori che tanto strepitano in questi giorni.

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