«Obama è andato oltre le aspettative, ma il suo discorso non basta a convincere il mondo arabo». Parola di Donatella Della Ratta, che quel mondo lo conosce molto bene. È analista dei media arabi, autrice del blog mediaoriente.com e di un saggio profetico: Un Hussein alla Casa Bianca. Cosa pensa il mondo arabo di Barack Obama (Odoya edizione) scritto con Augusto Valeriani, in cui anticipava la svolta del nuovo presidente americano.
Doveva essere un discorso storico, lo è stato davvero?
«Sì, per la sua grande valenza simbolica. Aveva promesso di rivolgersi allislam dal cuore di un Paese arabo e ha rispettato la promessa pronunciando parole di speranza, di apertura, di tolleranza. Se non sbaglio non ha nemmeno pronunciato la parola terrorismo. La differenza rispetto a Bush è abissale. Ha dato limpressione addirittura di chiedere scusa».
Eppure le reazioni sono tiepide...
«Dai primi commenti su tv come Al Jazeera, al Arabiya e su internet emerge un atteggiamento ambivalente. Il pubblico più colto, penso soprattutto ai blogger, è affascinato dal messaggio alto di Obama, ma la reazione di pancia della gente è improntata a un grande scetticismo».
Per quale ragione?
«Gli arabi non si fidano più delle promesse, vogliono risultati concreti, soprattutto sulla Palestina. Obama ha equiparato le sofferenze degli israeliani a quelle dei palestinesi e nessun presidente lo aveva fatto prima di lui; ma lopinione pubblica araba vuole essere certa che qualcosa cambierà davvero e fino a quando la situazione resterà immutata, manterrà un atteggiamento difensivo. Appena finito il discorso di Obama, Al Jazeera ha mandato in onda un servizio sugli scontri tra Hamas e Fatah in Cisgiordania. Come dire: Barack predica bene, ma lì si continua a morire».
Come viene vissuta lapertura allIran?
«Male, ed è il secondo motivo di scetticismo. La prospettiva che lIran sciita ottenga latomica spaventa il mondo arabo sunnita e in particolare i Paesi del Golfo Persico. Un avvicinamento tra Teheran e Washington non è affatto gradito e anzi viene interpretato come un fattore di possibile destabilizzazione strategica».
E le frasi sulla democrazia e sulle donne?
«Troppo generiche.
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