Paolo Scotti
da Roma
Cè una parola con cui, di solito - da Ben Hur al Gladiatore - vengono etichettati quei kolossal americani che vorrebbero spiegare la storia dItalia agli italiani. Questa parola è «americanata». Ma, a giudicare dalla prima puntata (lunica che la stampa abbia potuto vedere), forse, non è proprio un«americanata» il più atteso, osannato e criticato kolossal tv dellultima stagione: quel Roma che, al costo di oltre cento milioni di dollari e sul set europeo più imponente della storia (20mila metri quadrati, per più di 15mila comparse) raccontando glorie, passioni e nefandezze della storia romana del primo secolo avanti Cristo, lungo il tumultuoso passaggio dalla Repubblica allImpero, ha polverizzato tutti i record dascolto negli States, è stato venduto (e già visto) in mezzo mondo, e avrà un seguito di almeno altre due serie. Sempre coprodotte dallamericana Hbo con la Bbc e la Rai. Non prima dandare in onda - con inevitabile corollario di curiosità e polemiche - da domani per sei serate su Raidue.
Perché Roma potrebbe essere un«americanata» e, al tempo stesso, non esserlo? Per le intenzioni storiografiche innanzitutto: «Nella ricostruzione figurativa, nellambientazione, nella descrizione degli usi e dei costumi dellantica Roma siamo stati precisissimi», avverte il consulente Jonathan Stamp. Il che ha però generato unabbondanza di scene truculente, sessualmente esplicite e narrativamente scioccanti, che Stamp giustifica proprio in nome della verità storica: «La vera Roma era così. Non era ancora sopraggiunta letica cristiana, che avrebbe posto dei freni: la moralità era soggettiva, del tutto personale. Cera quindi un uso del sesso e della violenza, che oggi ci inorridirebbe. Ma che allora era del tutto consueto». E perché, nonostante le scene forti, Roma potrebbe anche non risultare un«americanata»? Per le precauzioni studiate dalla Rai: «Che è unemittente generalista in chiaro, non una pay tv, come la Hbo - ricorda il direttore di Raifiction, Saccà -, quindi non può trasmettere contenuti troppo forti o trasgressivi. Per questo su Roma non abbiamo esercitato alcuna censura, come da più parti è stato invece detto. Ma abbiamo proposto e ottenuto dalla Hbo di poter girare una seconda versione delle scene più aggressive, in forma più moderata e accettabile».
Qualche esempio? «Quando ladolescente Ottaviano, nipote di Giulio Cesare, viene rapito dai predoni gallici, nella versione originale costoro lo violentano. Noi abbiamo evitato di farlo vedere. Così anche per lesplicita scena di sesso incestuoso fra i due fratelli Ottavio e Ottavia, o per i numerosi nudi integrali maschili che popolavano il racconto». Circa poi il sospetto che, dietro lalibi della veridicità storica, ci sia un più furbo calcolo promozionale («anche se nella versione italiana le scene trasgressive non ci sono, il putiferio che hanno sollevato ci ha fatto comunque pubblicità», ammette Saccà), lo storico Stamp rimanda sdegnato le supposizioni al mittente. «Se volevamo raccontare la verità, non potevamo raccontare altro. Certo: il risultato è forte. Pensare che allepoca dellImpero la gente veniva torturata davanti a tutti, come monito, mentre oggi la civiltà raggiunta spinge a farlo di nascosto dalla vista di tutti, dà unidea di quanto, nel frattempo, sia cambiata la nostra sensibilità».
Girato negli studi di Cinecittà (alla fine dei tre anni del progetto il colossale set verrà trasformato in un parco a tema sullantica Roma) e interpretato oltre che dagli americani Ciaran Hinds (Giulio Cesare) e Kevin McKidd (Lucio Valerio) anche da alcuni italiani (come Chiara Mastalli, recentemente vista in Notte prima degli esami) Roma punta deciso al mercato internazionale.
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