L’anticipazione Una mappa d’autore della Parigi notturna

Guy de Maupassant (1850-93) è lo scrittore francese che con più lucidità ha raccontato la follia dei tempi moderni, che con più vigore e ironia ha condannato la mediocrità della società borghese di fine ’800 «destinata a girare a vuoto in un mondo che non ammette più immaginazione». Una società che Maupassant ha frequentato assiduamente soprattutto dopo il successo di Bel Ami, il suo romanzo forse più famoso. Ma quei salotti e quella Parigi che «non ha nulla da attendere dal mondo» sembrano essere dimenticati dallo scrittore in Amo la notte con passione: brevi, a volte brevissimi racconti che compongono l’antologia a giorni nelle librerie (Mattioli 1885, pagg. 84, euro 10). Una raccolta che come ultima prosa propone la novella - per la prima volta tradotta in italiano e che qui pubblichiamo in anteprima - I Boulevard, che si contraddistingue per una visione quasi romantica di quella stessa Parigi che Maupassant ha sempre condannato.
Maestro della prosa breve, autore di «racconti inarrivabili» (come scrisse Henry James) che il pubblico francese comprese subito perché «i lettori di Maupassant sono lettori capaci di afferrare al volo», in Amo la notte con passione Maupassant ci catapulta nella Parigi notturna, popolata da protagonisti che si aggirano come ombre sotto le luci dei primi lampioni a gas o nel buio dei propri incubi. Nel racconto I Boulevard, invece, come il più compunto dei flaneur, lo scrittore francese descrive con inusuale piacere il trascorrere delle giornate e la trasformazione di quei viali in cui «i frequentatori si conoscono tutti come i borghesi delle piccole città». C’è ironia ma non c’è condanna: al massimo nostalgia per quelle che un tempo furono «le nicchie d’amore di Parigi dove un tempo nacque quella raffinata e divina galanteria poi purtroppo morta insieme al secolo delle ciprie».
Maupassant scrisse I Boulevard il 25 marzo del 1884: una novella inedita e resa ancora più preziosa e inusuale dal fatto che, appena due giorni dopo, Maupassant scriverà Solitudine che rimane la più spietata condanna di quella stessa società borghese che popolava i boulevard.

«Povera gente - scrive Maupassant - non mi ispirano disgusto, ma un’immensa pietà. Come noi questi innamorati delle panchine cercano di interrompere il loro isolamento, ma restano e resteranno sempre soli. E noi come loro».

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