L’antico Egitto colpisce ancora

Avventura e fantasy in «Alle fonti del Nilo» quarta puntata della popolare saga

L’antico Egitto colpisce ancora

«Padre, nutri i tuoi figli, non affogarli... L’abbondanza è nei tuoi passi, il nutrimento è nelle tue mani. Per ogni essere è gioia il tuo arrivo. Tu sei l’unico. Tu, che sorgi dalla caverna di tutti i desideri». Più o meno con queste parole gli antichi egizi si rivolgevano al Nilo, il fiume che racchiudeva, secondo le loro credenze, l’immensa forza della natura. E proprio Alle fonti del Nilo (Longanesi, pagg. 631, euro 19,60) si intitola l’ultimo romanzo del maestro della letteratura d’avventura: Wilbur Smith. È il quarto episodio di una saga iniziata nel 1993 con Il dio del fiume e proseguita poi con Il settimo papiro (1995) e Figli del Nilo (2001).

Per cinque anni il giovane guerriero Meren e il potente mago Taita hanno attraversato le più remote terre del mondo conosciuto, superando prove incredibili e affrontando nemici terribili. Ma al loro ritorno in Egitto li aspetta un’altra pericolosa missione. Il paese è devastato dalla peste e dalla carestia. Le acque del Nilo si sono inaridite e a esse si sono sostituite pozze dense di sangue e di terribili rospi e a poco a poco si è diffuso il culto di una nuova dea. Una divinità che mina le credenze del popolo e minaccia il potere del faraone Nefer Seti che chiede soccorso al vecchio Taita. Sarà lui a dover affrontare il periglioso viaggio verso le fonti del Nilo. Proprio là dove una volta nasceva la vita e dove ora invece sembra essere celato il segreto dell’oscura maledizione che ha colpito l’Egitto.
Questa la trama del romanzo, una storia che mescola miti e leggende, usando i meccanismi narrativi tipici della letteratura d’avventura ma anche quelli del fantasy. Infatti è l’elemento magico a catturare fin dalle prime pagine l’attenzione del lettore che segue la trasformazione e trasfigurazione dello sciamano Taita (che sappiamo dalle precedenti storie essere esperto di arti magiche, schiavo, scriba, eunuco, architetto, astrologo, medico, indovino) in una sorta di cerimonia tantrica e poi mistica in cui gli viene aperto un Terzo Occhio che gli permetterà di aumentare le sue facoltà e di scongiurare pericoli che rischiano di cancellare il suo popolo. E la sua avventura diventa una missione sacra che lo porterà a scoprire non soltanto i segreti del Nilo, ma anche quelli di una dea dietro la cui identità ed essenza si cela il segreto della fonte dell’eterna giovinezza.

Non a caso il titolo originale è The Quest, nel doppio senso di «ricerca» e di «viaggio». Un viaggio iniziatico che porta i protagonisti a superare a tratti il piano dell’esistenza umana per misurarsi con il soprannaturale. La ricerca delle fonti del Nilo di Taita e dei suoi compagni può essere paragonata alla ricerca mitica del Graal o al viaggio della Compagnia dell’Anello descritto da J.R.R. Tolkien in Il signore degli anelli. In Alle fonti del Nilo esploriamo terre fantastiche e incontriamo personaggi che sembrano spesso presi dal mondo delle leggende e delle favole. In Il dio del fiume Taita aveva dovuto aiutare il faraone Tamose a combattere il Pretendente Rosso e le sue armate. In Il settimo papiro con i testi e le progettazioni dell’astuto scriba devono vedersela invece spregiudicati archeologi dei nostri giorni disposti a tutto pur di impossessarsi delle spoglie ma soprattutto del tesoro del suo sovrano. In I figli del Nilo proprio quando la minaccia degli invasori Hyksos incombe, Taita educa il giovane Nefer all’arte del governare e del combattere.

E ora, nel quarto romanzo della saga, Wilbur Smith ritesse le fila di tutte le precedenti avventure narrate e mostra ancora una volta una profonda passione nel ricostruire il leggendario passato di una civiltà. In una nota alla prima edizione de Il dio del fiume lo scrittore affermava di non aver inventato lui la saga di Taita, ma di esser stato il fedele trascrittore di una serie di papiri vergati in carattere ieratico rinvenuti in dieci vasi di alabastro sigillati nascosti in una tomba nella Valle dei Nobili, scoperti nel dicembre del 1988 dal dottor Duraid Al Simma. Una cosa è certa: al saggio Taita il nostro autore ha saputo carpire ancora una volta una fondamentale arte magica, quella dello scrivere.



Wilbur Smith incontrerà i lettori martedì prossimo, alle ore 18,30 al Circolo della Stampa di Milano. Sabato 12 lo scrittore sarà alle ore 17 nella Sala Gialla della Fiera internazionale del Libro di Torino. Infine domenica 13 alle ore 18,30 al Museo Egizio di Torino.

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