L’antidoto all’effetto Santoro? Un Santoro di destra

Comunque la si guardi tutta questa faccenda dell’inchiesta della Procura di Trani, sembra di stare ancora dalle parti di Sofia. Son passati quasi otto anni - era il 18 aprile del 2002 - dal famoso «editto bulgaro» con il quale Berlusconi accusò Biagi, Luttazzi e Santoro di fare «un uso criminoso» della televisione. Oggi, rileggendo gli stralci delle intercettazioni tra il premier e il commissario dell’Agcom Innocenzi o il direttore del Tg1 Minzolini, al centro della scena torna ancora il conduttore di Annozero. Non sarà un tantino sopravvalutato Michelechi? Non gli si starà regalando una eccessiva centralità nel crocevia informazione-politica? Bravo è bravo, glielo riconoscono anche i colleghi di diverso orientamento politico. Tuttavia, prima di elevarlo a deus ex machina del consenso elettorale converrebbe rifletterci un po’ su.

Faziosità ed eccessi a parte, o forse proprio a causa di questi, esiste una teoria ben consolidata secondo la quale i programmi di Santoro favoriscono addirittura il centrodestra. Attaccando Berlusconi ininterrottamente e senza remore, gli Annizero finiscono per compattare i suoi sostenitori rendendo il premier, paradossalmente, più simpatico. La psicanalisi della comunicazione è una disciplina difficile nella quale avventurarsi. Ma tornando sul terreno della politica, fior di esperti ritengono che i talk show più schierati non spostino voti perché sono seguiti da un pubblico informato e che ha già compiuto la propria scelta di campo. Annozero lo guardano poco gli indecisi e molto i tifosi. Pro o contro Santoro, pro o contro Berlusconi. Semmai sono altri i programmi che influenzano i telespettatori incerti su dove mettere la ics nella scheda elettorale. Sono i contenitori, del mattino e del pomeriggio, e i programmi di infotainment, dove la politica fa lo struscio con il gossip, la moda e la cronaca bianca.

E dunque non saranno troppe le energie spese per tentare di ridimensionare il Masaniello di Raidue? L’effetto perverso del bavaglio, vero o presunto, auspicato dal premier e applicato temporaneamente con la par condicio, è trasformarlo in una sorta di martire della libertà d’informazione. Un errore strategico. Anziché favorire la «santificazione di Santoro» con continui tentativi di silenziarlo, sarebbe più astuto relativizzarne il ruolo, facendolo diventare una delle tante voci del giornalismo politico televisivo.
Sostiene Carlo Freccero che «noi siamo un popolo latino che ama l’informazione ruspante e a più voci», le dissonanze e il confronto tra diverse faziosità, piuttosto che quella «asettica e misurata con il bilancino in auge nei paesi del Nord Europa». In tutti questi anni di seconda Repubblica in cui il centrodestra ha avuto la maggioranza nel Paese e ha gestito e controllato la televisione pubblica, i suoi uomini nel Cda della Rai anziché impegnarsi a stoppare i talk show sinistreggianti, avrebbero potuto dedicarsi ad allevare e allenare un «Santoro di destra». Magari avendo anche la pazienza richiesta dal parto e dalla formazione di una nuova creatura televisiva. Così come è spuntato e cresciuto Giovanni Floris (e ora su La7 sta crescendo anche Luca Telese), non avrebbe potuto vedere la luce dei riflettori di Viale Mazzini un nuovo conduttore moderato, fazioso tanto quanto, da contrapporre in modo speculare a Michelechi?

Trovare un’alternativa alle piazze di Santoro, al giacobinismo di Travaglio, alla satira arruffata di Vauro sarebbe un’operazione liberale, un favore fatto al pluralismo e alla democrazia, un modo furbo per fare della sana controinformazione. E un modo intelligente per finirla con questa specie di lamento costante che da troppi anni fa da sottofondo al dibattito politico del nostro Paese. In una parola sarebbe una grande sfida, una vera scommessa culturale.


Al netto di ogni tentazione retorica e tanto per esemplificare, senza andare troppo lontano uno come Augusto Minzolini, forse più ancora che per la direzione del Tg1 (che peraltro ha aumentato gli ascolti), avrebbe avuto la spregiudicatezza necessaria e sufficiente per condurre un programma di approfondimento uguale e contrario ad Annozero. Ma non ci si è pensato. E così siamo ancora qui.

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