L’antivirus per l’aviaria è una proteina dell’uva

Il resveratrolo era già utilizzato dalla medicina cinese. Ora gli scienziati ne confermano le qualità terapeutiche

L’antivirus per l’aviaria è una proteina dell’uva

Luigi Cucchi

L’immagine dei cigni che dopo lunghi viaggi sono stati stroncati in Sicilia, Puglia e Calabria dal virus H5N1 ha indubbiamente fatto crescere la paura. Si teme che l’influenza aviaria colpisca l’intera Europa. I virus che causano l’influenza aviaria sono di diverso tipo: al momento, quello che suscita maggiori preoccupazioni, avendo causato diversi casi di malattia, anche mortale, nell’uomo, è proprio il H5N1, che può sopravvivere nei tessuti e nelle feci degli animali infetti per lunghi periodi, soprattutto a basse temperature (oltre quattro giorni a 22 gradi/centigradi e più di trenta giorni a zero gradi). Al contrario, è sensibile all’azione del calore (almeno 70 gradi/centigradi) e viene completamente distrutto durante le procedure di cottura degli alimenti. La sua trasmissione è stata dimostrata soltanto da animali infetti all’uomo a seguito di contatto stretto con volatili vivi infetti: nei Paesi con focolai di virus di influenza aviaria non è stata dimostrata alcuna evidenza di trasmissione dell’infezione da uomo a uomo, né di trasmissione attraverso il consumo di pollame o uova. Il vaccino contro l’influenza viaria, è in fase di sperimentazione. La ricerca, in tutto il mondo è febbrile.
Ne parliamo con il professor Menotti Calvani, dell’Università Cattolica, uno studioso tra i più noti del metabolismo cellulare. Per lui le più grandi centrali termiche sono i “mitocondri”. Ci racconta la storia della scoperta e messa a punto di una nuova sostanza estremamente attiva nella lotta ai virus. Nel Keshan, una provincia del centro della Cina – ricorda Menotti Calvani – si era sviluppata su larga scala una infezione di cardiomiopatie alla cui origine vi era la carenza di selenio. Sostanza che mancava nel terreno, nelle piante, negli animali ed anche negli uomini che venivano colpiti da un virus. Si iniziarono a studiare piante, animali, uomini e si scoprì che nel cuore degli animali infetti il virus era presente o si era mutato, ma vennero riscontrate ben seicento diverse mutazioni. Il virus provocava un’infiammazione con conseguente produzione di radicali liberi, cioè sostanze che avevano cambiato il codice genetico del virus. Gli animali diventavano produttori di un virus modificato. Un processo analogo a quanto avviene ogni anno con l’influenza: il virus entra nell’organismo, induce l’infiammazione che modifica il virus, generando nuove forme virali. È un circolo vizioso.
Dopo gli studi compiuti nel Keshan analoghe ricerche si iniziarono a Cuba, dove si era manifestata una epidemia di neuropatie. Anche in quel caso all’origine vi era un’infezione virale che si era manifestata in soggetti malnutriti, con particolari carenze di antiossidanti. I ricercatori si concentrarono sui possibili legami tra antiossidanti e la replicazione virale. Osservando il processo si comprese che il virus per poter infettare doveva attivare una serie di proteine delle cellule indispensabili per tagliare e rendere attive le proteine virali. Per ridurre l’infiammazione si testarono centinaia di sostanze, tra queste il resveratrolo, presente nell’uva, ma anche in numerosi frutti e nel “poligonum”, una pianta che la medicina tradizionale cinese impiegava da secoli per la cura della polmonite.
Alla fine degli anni Novanta ricercatori spagnoli verificarono che lo stesso vino rosso contrastava il diffondersi dell’influenza. Nella primavera dello scorso anno uno studio inglese pubblicato su American journal of epidemiology dimostrava che il resveratrolo bloccava le infezioni polmonari delle prime vie aeree. Ricercatori italiani dell’università La Sapienza di Roma, dell’Istituto superiore di sanità hanno ulteriormente evidenziato che questa sostanza (resveratrolo) blocca la replicazione del virus dell’influenza negli animali.

L’aspetto sorprendente è rappresentato dal fatto che queste molecole di difesa prodotte dalle piante quando vengono assunte dagli animali, assieme agli alimenti, sono riconosciute e attivano l’apertura di numerosi geni preposti alla difesa. Gli animali grazie a queste molecole percepiscono, enfatizzato, un segnale di pericolo e si predispongono a contrastarlo. Succede così che piante ed animali stringono un’alleanza per combattere i virus.

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