«L’appalto viola trasparenza e imparzialità»

Scoperte autocertificazioni non veritiere Murolo (An) chiede spiegazioni a Pericu

(...) piomba su un bando di gara avviato dal Comune per assegnare l’appalto del blocco e della rimozione delle auto in città. Appalto che in un primo tempo doveva essere assegnato entro il 19 ottobre 2005 e per il quale si era presentato solo un consorzio di aziende (Corige, consorzio rimozioni genovese) interessato e con le carte in regola. Improvvisamente però la chiusura del bando era stata spostata al 19 dicembre dello stesso anno. E in quella data le «concorrenti» erano due: il Corige stesso e un’associazione temporanea di imprese ancora in fase di costituzione, denominata Ati, in realtà composta dall’Ami (l’azienda comunale che già controlla le Blu Area) e dalla cooperativa Gonzales.
Al Corige erano così stati assegnati solo 6 dei 10 lotti in cui era stato diviso il servizio di rimozione in città. Gli altri 4, ovviamente, erano finiti all’Ati. La strana procedura e i dubbi sulla correttezza della gara avevano aperto un fitto carteggio tra il consorzio Corige, l’ufficio gare e contratti del Comune, il comando della polizia municipale. Qualcosa non andava e, nonostante le ripetute rassicurazioni del Comune, qualche correttivo e integrazione di documentazione era stata effettivamente richiesta alla nuova Ati. Un modo per sanare in riatrdo una posizione che traballava e che ha spinto i vincitori «dimezzati» dell’appalto a fare ricorso al Tar.
Le ragioni del Corige sono state sostenute dall’avvocato Ilaria Deluigi dello studio Acquarone che ha puntato principalmente sulla «non veridictà delle dichiarazioni autocertificate» dall’Ati per poter partecipare alla gara e sul conflitto di interessi del Comune, che aveva riaperto la gara alla quale, in un secondo tempo, aveva potuto partecipare anche l’Ami, che è una sua azienda. I primi dubbi, quelli sulla «non veridicità» dell’autocertificazione, erano poi diversi. C’era di mezzo una condanna penale del responsabile tecnico dell’Ati; il fatto che la società Gonzales (la compagna dell’Ami) sia di fatto senza pesronale dipendente e non avesse iscritto all’Inps i propri soci lavoratori; e ancora il «particolare» che l’Ati non potesse vantare, nel triennio precedente, un fatturato certificato e lo svolgimento di servizi di rimozione. Tutte motivazioni che per il Tar «appaiono fondate». E che sono quindi alla base della sentenza che stende il Comune, facendo notare come gli uffici comunali dimostrino la grave colpa di non aver fatto un’adeguata istruttoria del bando, di aver in un certo senso chiuso gli occhi sui requisiti della concorrente Ati: «Appare fondato - scrive il Tar - anche il vizio dedotto in termini di difetto di istruttoria, in quanto non risulta essere stata esaminata dall’amministrazione appaltante la sussistenza dei requisiti come richiesti singolarmente alle imprese». E via così di bacchettate in grado di far arrossire un buon amministratore: «La situazione accertata integra i profili sintomatici di eccesso di potere dedotti», inoltre «appaiono violati i principi in materia di evidenza pubblica e di affidamento, in specie sotto i profili della trasparenza, della par condicio dei concorrenti, del buon andamento e dell’imparzialità».
Tutte considerazioni pesantissime che renderanno incandescente l’aula del consiglio comunale. Il rappresentante di An, Giuseppe Murolo, ha infatti già annunciato battaglia. «Un’interpellanza su quanto accaduto mi pare davvero il minimo - sbotta -. Abbiamo il Tar che certifica una situazione che troppe volte abbiamo solo potuto sospettare. Il Comune che adegua le gare per assegnare appalti a determinate società che altrimenti ne rimarrebbero fuori.

E poi c’è la vicenda della concorrenza, del conflitto d’interessi. Non si può accettare che il Comune assegni i “bocconi migliori” alle sue stesse società. Vediamo ora cosa avrà da dire il sindaco, come potrà giustificarsi».

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