da Milano
«Cara Unità». Anzi, cari i miei dipendenti dellUnità. Non fate i comunisti. Per una volta date una mano al padrone, visto che vi passa lo stipendio e che i conti dellazienda vanno maluccio. Quando cè lo sciopero dei giornalisti, fate finta di niente, andate a lavorare. Firmato, il vostro editore. La lettera è nellultima pagina dellUnità di sabato scorso, e a mala pena si noterebbe (ieri lha ripresa in prima pagina Italia oggi), mimetizzata comè dietro a un titolo asettico e generico rispetto al contenuto della missiva, indirizzata al direttore Antonio Padellaro («Giornalisti in sciopero e tutti quei quotidiani in edicola»). Perché il lettore che scrive non è un lettore qualsiasi. È Giorgio Poidomani, amministratore delegato della Nie (Nuova iniziativa editoriale), cioè la società che edita lUnità e che alla presidenza vede Marialina Marcucci. Leditore in sostanza invita la redazione del quotidiano a fare quattro conti e a rompere il fronte dello sciopero a oltranza contro la Fieg per il rinnovo del contratto giornalistico, vertenza che prosegue da due anni senza avanzare di un passo.
Stupisce la forma scelta dalleditore per comunicare con i suoi dipendenti, apertamente polemica con la linea del quotidiano che il giorno prima dellultima tornata di scioperi, a Natale, è uscito con la prima pagina completamente bianca, con solo una vignetta di Staino («Contratto!») e il fascione rosso con lart. 21 della Costituzione, per solidarizzare con le rivendicazioni sindacali. E stupisce ancora di più che sia proprio il quotidiano storico della sinistra, organo del Pci fondato da Gramsci e poi del Pds-Ds, che pure riceve il più alto contributo pubblico come giornale di partito (oltre 6milioni di euro allanno) a fare proselitismo contro il sindacato per esigenze di cassa. Anche perché, fa notare leditore ai suoi dipendenti, i giornali che vanno in edicola nei giorni di sciopero non sono pochi e «tirano» tra laltro il triplo delle copie rispetto al solito. Lappello dellad dellUnità è a mo di racconto, e parte dallesperienza diretta di un editore di giornali in un giorno di sciopero: «Sono andato nella mia solita edicola e ho notato un grande cartello che indicava i quotidiani disponibili. Erano 17, di tutti i tipi: generalisti e di opinione, di destra e di sinistra. Non mancava proprio niente, perché nel bar accanto alledicola era offerto E-Polis (cioè la free-press, ndr)». Per un motivo o per laltro, nota leditore, tutti trovano il modo di salvarsi la coscienza davanti ai colleghi. Le cooperative editoriali, che non hanno editori, non scioperano per evidenti motivi. Altri giornali nati da poco non possono permettersi i costi dellassenza dalledicola, e perciò si astengono dallo sciopero. Poi ci sono i grandi quotidiani che recuperano con pubblicità e allegati la perdita di fatturato delle giornate di sciopero. Ecco alla fine dallelenco delleditore manca proprio una tipologia, il quotidiano di partito, tipo lUnità per esempio. E dunque, conclude Poidomani rivolto a Padellaro, «il tuo povero giornale può prescindere dal conto economico?». La risposta è no, ovviamente. Ma ieri lamministratore delegato dellUnità ha cercato di mettere una pezza dettando alle agenzie una lettera di smentita a Italia Oggi. «Le mie parole sono state travisate completamente - scrive Poidomani a Franco Bechis, direttore del quotidiano economico -. Il mio auspicio viceversa è che cessino le ragioni degli scioperi, ovvero che venga finalmente sottoscritto un equo contratto». Ma la rettifica delleditore non riesce a convincere nemmeno i giornalisti dellUnità: «La sua uscita è stata sbagliata - dice al Giornale un membro del Cdr del quotidiano della Quercia -. Per noi, per questa testata fondata da Antonio Gramsci, lo sciopero è un valore non negoziabile. Le questioni finanziarie non possono intaccare le ragioni del sindacato. Poi non condividiamo la forma.
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