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L’Aquila, Muti e Bondi Chi non vuole Va’ Pensiero?

«Riccardo Muti per L’Aquila»: quello che si dice un grande evento. Ieri sera nella ormai storica piazza «6 aprile 2009» della caserma della Guardia di Finanza di Coppito, in una luce di tramonto con un vento benefico, alla presenza del presidente della Repubblica e sotto il suo patronato, Muti dirige la Filarmonica Aquilana e le orchestre e i cori della città dell’Aquila.
Il programma è semplice, bello, accattivante: sinfonie e arie dalla Norma di Vincenzo Bellini e dalla Forza del destino, dai Vespri Siciliani e dal Nabucco di Giuseppe Verdi. Apre e chiude l’inno di Mameli con fervorino di Muti che in chiusura ricorda le bande musicali della sua infanzia che lo suonavano e non vede perché, avviandosi alla tomba, non lo deve ancora sentire.
Il riferimento evidente è alla proposta della Lega, che a lui stesso non dispiacque, di sostituirlo con «Va’ pensiero». Una battuta da parte di Muti. Ma sfogliando il singolare libretto di sala, prodotto dalla fantomatica società Campi Sonori, che si presenta con un logo pittoresco, si riscontra un programma capricciosamente impaginato con i percorsi di un atlante stradale, legenda inclusa, in un tale stato di confusione grafica tra colori e punti da indicare un inizio il 23 luglio e una fine il 6 settembre mentre è ancora previsto un concerto per violoncello solo di Luigi Piovano il 7 settembre. Un modo come un altro per dare i numeri.
Ma la presentazione del ministro Bondi, che stranamente non era presente, in sua vece il capo di gabinetto Salvatore Nastasi, non sembra rendere giustizia alla sensibilità e al gusto letterario che gli sono propri: così, con qualche perplessità, si legge: «Piazza “6 aprile 2009”: il “luogo simbolo” della memoria e della rinascita chiuderà in un lungo abbraccio un appuntamento che vuole essere “segno” oltre che “sogno”». Poco oltre si incontra uno strano «sulle rovine restanti». Chissà se l’introduzione sotto l’egida «sismica» di Campi Sonori è autografa. Da tempo cerco di consigliare Bondi su ciò che produce il ministero dei Beni culturali e questo libretto in cui con l’eccezione di una fotografia storta della basilica di Collemaggio vi sono immagini impertinenti senza alcun rapporto con L’Aquila, è un interessante documento di disattenzione e insensatezza. Si apre con un dipinto di Oscar Kokoschka del 1914, oltre i limiti cronologici dei due musicisti proposti, si vedono poi riproduzioni di opere di Thomas Moran, un paesaggio lunare di Edward Burne-Jones, di Abbott Handerson di William Bouguerau, di Adolphe Jourdan (generalmente sensuali ed eleganti figure femminili) e soltanto in chiusura si vede un rappresentazione del Vespri siciliani di Francesco Hayez.
Ma con queste incongruenze il libretto non meriterebbe una particolare nota di biasimo nella sua banalità se, nel testo guida di Walter Tortoreto, non leggessimo una perentoria liquidazione del bel proposito della Lega, partito di governo, di cui Bondi, l’ospite, se non condivide rispetta sensibilità e proposte. E parlando di «Va’ pensiero» Tortoreto scrive: «L’inno intonato da un popolo che piange nel tempio la propria sconfitta è percepito dagli spettatori come la più elevata sublimazione della propria condizione storica e politica». Sarà. Ma Tortoreto aggiunge: «Stupisce pertanto che oggi si tenti di piegare una pagina di così alto valore nazionale ai modesti calcoli di una fazione politica».

La Lega è dunque una fazione? Bondi ha letto il testo che presenta? E i Campi Sonori minacciano di diventare, nonostante la benedizione di Muti, una campo di battaglia? Il ministero non potrebbe, colla grafica e colle scelte iconografiche, curare con più attenzione i testi che propone in occasioni solenni come questa?
Forse per questo Bondi non si è visto.

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