Caro direttore,
mi permetto di scriverle questa lettera per chiederle un aiuto. Mi spiego meglio. Sono un docente dellUniversità dellAquila che sta vivendo assieme a tutta la città giorni drammatici e difficili. Ho dovuto lasciare la mia città perché la mia casa è inagibile ma ciò che mi tormenta di più è che i nostri laboratori di ricerca sono abbastanza danneggiati e non consentono la pronta ripresa del lavoro di ricerca. I miei giovani collaboratori (dottorandi, borsisti, tesisti) stanno vivendo una diaspora che rende la nostra situazione ancora più triste. Gentile dottor Giordano, per me non chiedo nulla, cercherò di risollevare la testa con la mia famiglia con la caparbietà e l'orgoglio di noi montanari aquilani, ma chiedo solo un piccolo aiuto per i miei giovani che vogliono continuare a studiare e fare ricerca nella nostra città. Anche una borsa di studio o uno strumento scientifico ci possono fare felici. Certo ci sono problemi più seri e impegnativi e non vogliamo togliere niente a chi ha bisogno ma poiché non sono un «politico» ma solo un ricercatore che ha sempre vissuto in laboratorio, ora mi trovo a terra (abbiamo perso il lavoro di 20 anni e strumenti che per noi sono indispensabili) e vedo il futuro dei miei «ragazzi» abbastanza nebuloso. Le chiedo scusa per questa lettera che mai avrei pensato di scrivere, ma ho trovato tante porte chiuse e una indifferenza a queste tematiche che per me è insopportabile. La ringrazio se vorrà prestarmi attenzione ma non si faccia problemi di cestinarla se lho importunata.
professore di Biochimica Clinica
dellUniversità degli Studi dell'Aquila
Abbiamo denunciato più volte negli ultimi mesi i grandi e i piccoli sperperi delle Università italiane. Abbiamo raccontato dei corsi che si moltiplicano (nel 2001 erano 2.444 oggi sono 5.500) e che arrivano a toccare materie al confine del ridicolo (ci sono persino corsi di laurea in fisiologia del fitness, trofeistica, scienza dellaiuola e benessere di cani). Abbiamo sollevato casi esemplari come quello dellUniversità di Siena, che con il bilancio in rosso di 240 milioni continua a pagare laffitto (170mila euro lanno) di un edificio storico in piazza del Campo (resta sempre vuoto, viene usato solo per assistere al Palio). O come quello dellUniversità Parthenope di Napoli, dove negli ultimi sei anni, mentre gli studenti calavano del 2,4 per cento il numero dei professori aumentava del 250 per cento. Abbiamo sempre tenuto i riflettori puntati sugli scandali degli atenei, sui viaggi a scrocco dei professori, sulle parentopoli dilaganti con interi dipartimenti costituiti da «figli di», nipoti e cognati. E proprio per questo mi ha commosso la lettera del professor Amicosante: «Sono solo un ricercatore che ha sempre vissuto in laboratorio...», dice. Nelle sue parole non cè nemmeno un po della protervia di tanti suoi colleghi baroni, non cè larroganza di tanti faraoni della cattedra. Il professor Amicosante ha perso la casa a causa del terremoto, ma si preoccupa solo per i suoi studenti: chiede aiuti, strumenti, borse di studio.
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