«L’Ara Pacis? Una mostruosità» E alla Margherita saltano i nervi

Il confronto con i lavori della Scala a Milano: «Realizzati nei tempi previsti e senza costi aggiuntivi»

Pier Francesco Borgia

da Roma

È bastato un veloce accenno alla «mostruosità» del nuovo rivestimento dell’Ara Pacis da parte di Berlusconi per riaccendere un dibattito, già fin troppo surriscaldato, sull’opportunità di mandare a ramengo l’opera di Vittorio Morpurgo per sostituirla con la teca dell’architetto americano Richard Meier. Il leader di Forza Italia non ha dubbi quando mette sul piatto della bilancia due opere così dissimili tra loro per committenza e risultati come la Scala e l’Ara Pacis. Aprendo la campagna elettorale per le amministrative meneghine, Berlusconi ha citato le opere realizzate dalla giunta Albertini tra cui il restauro del teatro alla Scala. «Un lavoro - spiega il leader della Cdl - realizzato nei tempi previsti e senza spendere un centesimo di più. Ogni riferimento alla mostruosità dell’Ara Pacis è assolutamente voluto».
Immediata la replica di Roberto Giachetti, coordinatore romano della Margherita. «Tornato all’opposizione - commenta Giachetti - Berlusconi si scopre anche architetto e urbanista. Il giudizio che conta davvero, però, lo hanno già dato i visitatori: tremila biglietti al giorno sono un successo inequivocabile».
Le considerazioni dell’esponente del partito di Rutelli (che da sindaco promosse l’iniziativa di cambiare la teca dell’Ara Pacis) vengono però respinte al mittente sia da Alemanno che, da candidato sindaco di Roma, promette un’«onorevole via d’uscita per la sinistra dopo le elezioni» trasferendo la teca in periferia, sia da Beatrice Lorenzin (Forza Italia). «Altro che successo! - come denunciato da un quotidiano romano - questa nuova opera non regge un simile flusso di visitatori. Sono infatti comparse le prime crepe. A soli 15 giorni dall’inaugurazione». I commenti sarcastici (per usare un eufemismo) sull’opera commissionata dalla giunta Rutelli a Meier sono da mesi patrimonio comune. Aveva iniziato a settembre 2005 Vittorio Sgarbi chiamando l’opera «bara pacis». Gli aveva fatto eco l’urbanista Giorgio Tamburrino, consigliere di Italia nostra, definendo il lavoro di Meier un «ecomostro da abbattere». Una volta sturato il tappo, il fiume di critiche non si è più esaurito.

Per dovere di cronaca segnaliamo soltanto la più colorita: «una boiata pazzesca» (23.9.2005). A parlare non è il ragionier Fantozzi, ma un accademico di fama come Giorgio Muratori che della difesa dell’urbanistica capitolina ha fatto una scelta di vita.

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