«Come l’architettura può tornare a modificare il mondo» Le riflessioni di Vittorio Gregotti

Su Architettura ci sarà anche una significativa riflessione dell’architetto e saggista Vittorio Gregotti. Il maestro si interroga sui processi che, in epoca di globalizzazione, sottendono alla costituzione del progetto architettonico. Partendo dalla necessità, sostenuta da Gregotti, di far sì che l’architettura possa tornare a modificare il mondo. «Non si tratta solo della contraddizione tra estetica e funzione, ma dell’uso critico e intenzionalizzato, per il progetto, dei materiali offerti dalla storia e dalla realtà - spiega Gregotti -. L'architettura non modifica il mondo, ma può profondamente modificare con esempi concreti la sua cultura e offrire, con essa, ulteriori possibilità di conoscenza e di alternative».
L’architetto si spinge oltre, indicando anche i nomi su cui punterebbe per raggiungere tale obiettivo. «Vi sono nomi come Siza, Ando, Moneo, Zumthor e un certo numero di altri architetti, anche italiani - continua - che non appartengono alle archistar di successo mediatico, su cui si potrebbe e dovrebbe contare. La speranza è quella di un ritorno alla passione per una ragione - solo praticistica - all’idea di relazione critica con la realtà». Gregotti non manca, poi, di interrogarsi sul tema urbanistico. In particolare, l’intervista sottolinea quello che, oggi, a tutti gli effetti è il tema più complesso, quello delle periferie.
«Le periferie - dice - hanno due diverse nature. La prima è quella consolidata del capitalismo industriale, la seconda è quella della dispersione senza regole degli ultimi trent'anni.

Per la prima, è necessario superare la monofunzionalità residenziale e la monoclasse sociale degli abitanti, con l’introduzione di una maggiore mescolanza sociale e di funzioni molteplici, anche rare (università, centri di ricerca), in grado di rendere necessaria la parte all’insieme urbano. Per la seconda, è necessario aprirsi a una nuova idea di ordine guidato da ipotesi di pianificazione comprensoriale nell’interesse collettivo».

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