L’ARCOBALENO A OROLOGERIA

Un lettore non voleva credere a quel che si vede nella foto qui a lato. Pensava a un blitz no global sulla Torre Grimaldina di Palazzo Ducale, non certo a un’iniziativa istituzionale con tutti i bollini al posto giusto. Alessandro Casareto - architetto doc e seguace di Carlo Giovanardi nel Pdl - è sbottato: «Non so chi rappresenti quella bandiera, non me».
Ed effettivamente sembrava uno scherzo. Un viaggio nella macchina del tempo che ci riportava indietro di qualche anno, quando bastava arrivare a Genova da Milano in treno e, fin da Pontedecimo, vedere le finestre della città trasformate in una fila interminabile di bandiere arcobaleno. Per non parlare della sopraelevata: da un lato l’arcobaleno sul mare, dall’altra l’arcobaleno dei drappi delle bandiere della pace.
Poi, quelle bandiere sono passate di moda. Di fronte alle vergogne nordcoreane, cinesi, birmane - tanto per citarne alcune - l’arcobaleno è finito in cassapanca. Niente americani cattivi e niente sfilate chilometriche nelle strade, nè sbandieramenti colorati. Qualcuno ha resistito per mesi. Poi, un po’ lo smog, un po’ la politica, un po’ la moda passata hanno praticamente annullato le esposizioni di bandiere della pace.
Non a Genova, non al Ducale. Dove è stata appesa giovedì, quasi una riproposizione vintage, su iniziativa del presidente della Fondazione per la Cultura Luca Borzani, «per ribadire la vocazione del capoluogo ligure alla pace, al dialogo, all’incontro con l’altro».


A me piace la pace, adoro il dialogo e ritengo vitale l’incontro con l’altro. Ma non sento nessuna necessità di bandiere arcobaleno. E, se è per questo, nemmeno di Fondazioni per la Cultura con la più vecchia retorica nel Dna.

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