L’Arlecchino Soleri: «In Cina ridono più che da noi»

nostro inviato a Pechino

«Nessun giovane sta studiando con me per diventare Arlecchino». Ferruccio Soleri si confessa in Cina. E l'uomo che da quarantasei anni porta in giro per il mondo la commedia dell'arte di Carlo Goldoni riveduta e corretta da Giorgio Strehler lascia trapelare i suoi timori davanti ai giornalisti stranieri. I cinesi amano l'Arlecchino del Piccolo, lo hanno voluto per la terza volta a Pechino a inaugurare il National centre for the Performing Arts, monumentale teatro a forma di conchiglia che galleggia a due passi da piazza Tienanmen.
Soleri è stato Arlecchino più di duemila volte da quando Strehler lo chiamò sul palco con lui e racconta che nei Paesi lontani e davvero stranieri come la Cina la gente si diverte ancora di più: «Scoppiano a ridere con maggiore soddisfazione perché capiscono quel che accade in scena nonostante non siano in grado di comprendere la lingua».
Nel mondo dei gesti di Arlecchino si piange scrollando le spalle, si ride allargando le braccia, tutto fluisce senza bisogno di intelletto e proprio per questo recitare è difficile. Soleri ha già il suo erede, Enrico Bonavera che in scena è Brighella ed è stato anche lui diretto da Strehler. Ma è al dopo domani che guarda Soleri e il paragone con il teatro cinese in costume serve soprattutto a segnare le differenze: «L’Opera di Pechino continua da sempre. La nostra Commedia dell’arte, che era in voga nel Settecento, è stata interrotta per due secoli prima di essere ripresa da Strehler. Ci siamo ispirati alla pittura e agli scritti dell’epoca, con un lavoro molto accurato. Non so che cosa accadrà in futuro».
L’oggi è questo ennesimo debutto, con tre serate dedicate al pubblico cinese. La sua prima volta a Pechino è nel 1979, da turista, e risale ad allora la passione per l'anatra laccata che avvolge con consumata perizia nella salsa e in sottili strisce di pane cotto al vapore, elaborando una specie di piadina made in China. Peccati di gola a parte, Soleri si prepara alla scena come un atleta alla gara. Esercizio di recitazione ma anche ginnico perché le acrobazie in scena non tradiscano l'età: «Faccio sei piani di scale tre volte al giorno a ritmo sostenuto e cinquanta minuti di stretching. Smettere di recitare Arlecchino? Non ci ho mai pensato. Il mio lavoro mi piace e continuerò fino a che ne sarò capace».
Oltre a impazzare sul palcoscenico, Ferruccio Soleri per mestiere insegna commedia all'arte.

Lo ha fatto anche a Pechino, durante una lectio all'Università dello Sport (che tra l'altro sarà la sede del Villaggio olimpico italiano) a cui hanno partecipato cento studenti cinesi di teatro. A loro ha raccontato di maschere e segreti di scena. Chissà se prima o poi al Piccolo di Milano busserà un ragazzo che vuole studiare da Arlecchino.

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