L’Armani affonda una Benetton stanca e malata

Nella sfida tra le inseguitrici, Treviso fiaccamente in partita per due tempi. Decisivo per Milano un parziale di 16-2, con Gigena protagonista assoluto

Oscar Eleni

Ballare da soli, sotto le feste, non è il massimo della felicità, ma non è colpa dell'Armani se la Benetton troppo malata, stanca, partecipa a due tempi fiacchi (39-36) poi sparisce non vedendo più il canestro. Questo mentre i settemila del Forum riscoprono l'amore per gli umili, come Mario Gigena protagonista nel parziale di 16-2 che nei 6 minuti fra terzo e quarto tempo decidono tutto agganciando Milano al treno di testa, 2 punti avanti a Treviso in classifica, 18 nella partita davanti al poco verde che c'era all'aperitivo di mezzogiorno.
Troppo malata la Benetton, Lyday, Goree, anche se ne ha fatti 16, Nelson come stracci, Zizis senza luce, per capire se l'Olimpia ha digerito le montagne russe dove si è avventurata in queste 11 giornate. Per la gente di Milano ci vorrà pazienza perché il calendario terrà i numeri d'oro dell'Armani lontano da casa fino al 7 gennaio quando sarà Siena a verificare un po' meglio certe cose, dopo le trasferte ad Avellino e Capo d'Orlando.
Chi trotta in Europa si sfinisce se mancano uomini, cambia umore troppo spesso, guardate come la Fortitudo, che camminava infelice verso le liste di proscrizione annunciate dalla proprietà, ha conciato la Rometta di Jasmin Repesa che adesso conosce bene che tipo di mezzi giocatori deve condurre almeno alla redenzione, perché parlare di altri traguardi sembra esagerato se uno pensa a Garri, definito giocatore d'immonda trasparenza da chi lo ha visto al Pala Dozza, Hawkins senza un'idea su cosa sia il gioco, i due greci, di cui non facciamo fatica a dimenticare il cognome, a Righetti e persino Tonolli per non parlare del già epurato Ilievski.
La Benetton ha pagato tutto insieme, Goree ha vomitato tutta la notte della vigilia ed è durato poco, Gigli, leggero ed elementare come tanti assurdamente dati per pronti al balzo nella Nba, è finito presto nelle trappole di una difesa Armani neppure troppo dedicata alla fatica, anche se ha recuperato 19 palloni, perdendo però, per una volta, la sfida a rimbalzo (30-43), ma non era quello il settore nevralgico, bastava forzare gli errori e Zizis ha perso 6 dei 18 palloni che hanno alimentato una giornata di tiro milanese al 54 per cento con 10 su 22 da 3, mentre dall'altra parte vedevano doppio (37% al tiro, 5 su 22 dalla linea magica).
Venti minuti per pentirsi di non essere andati verso montagne coperte di neve, i primi 4 con il canestro coperto da una tavola dove non sempre rimbombava il suono del pallone spesso sparato anche lontano dal ferro. Poi il sussulto Benetton fino ad arrivare 5 volte a un punto, fino al 50-48 dopo 24'46” di gioco. Luce spenta, Armani più aggressiva dietro seguendo Gigena e Green, trovando la strada per Watson, 6 su 7, 9 rimbalzi, e per Blair (5 su 7 ma 5 su 10 ai liberi), senza domandarsi altro perché Gallinari era in una giornata da apprendista rimasto ancora alle aste, perché Garris poteva prendersi i tempi giusti per decidere quando era ora di dare il colpo capace di spingere la Benetton verso il letto dell'infermeria.


In quel momento soltanto l'Olimpia sembrava sentire il suono del gospel per i bambini del Perù che don Gabriele Corsani oggi vi farà avere con questo giornale. Musica per l'anima anche se non c'è mai stato un momento di vero coinvolgimento in una partita segnata anche prima di cominciarla.

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