
“C’è un brutto clima, l’Italia è su una brutta china, spero che in tanti lo capiscano”. Nathan Greppi, 31 anni, è un giornalista. Collabora con i media della Comunità ebraica di Milano. L’odio lo conosce bene. Lo ha studiato per il suo secondo libro, e lo ha vissuto in prima persona giovedì, a Torino dove studenti e attivisti – rigorosamente di sinistra e pacifisti – volevano cacciarlo dal salone del libro.
“Fuori i sionisti!” urlavano. “Palestina libera”, scandivano. Gli stessi che sono stati protagonisti di una aggressione, più violenta, al campus Einaudi, contro i rappresentanti dell’Unione giovani ebrei d’Italia e di “Vogliamo studiare”, un comitato laico e trasversale che intendeva presentare un Manifesto per il diritto allo studio”, nell’evento “Per le università come luogo di democrazia e di contrasto all’antisemitismo”.
Entrambi, il libro e il manifesto, hanno avuto la drammatica conferma della loro urgenza e attualità. A quasi 90 anni dalle leggi razziali che comportarono la cacciata di professori e studenti ebrei, nelle facoltà italiane può parlare solo un ebreo, quello che rinneghi pubblicamente e preventivamente lo Stato ebraico.
“Io sono contento di essere sionista, sono orgoglioso” spiega con pazienza Nathan. “Non c’è niente di male in questo. Quanto alla guerra penso che sia orribile quello che sta accadendo ma mi rifaccio alle parole di Liliana Segre, penso che non sia un genocidio. Può essere una strage ma non un genocidio”.
L’aggressione di Torino era stata annunciata: “Nei giorni precedenti – racconta Nathan - quando avevo saputo che c’era stata una chiamata alle armi per impedire la presentazione del mio libro ho avuto un po’ paura, ero un po’ incerto, non sapevo cosa fare ma ho deciso che volevo esserci o meglio che dovevo esserci, perche il libro che ho scritto è contro la censura, contro l’odio, contro l’intimidazione, e non potevo cedere all’intimidazione di una minoranza rumorosa di militanti che pretendono di comandare nelle università e nelle fiere come se ne fossero i padroni”.
L’anno scorso Greppi ha pubblicato una ricerca sulla stampa ebraica in Italia, ora si è dedicato proprio a questo tema. Con questo libro edito da Lindau: “La cultura dell’odio. Media, università e artisti contro Israele”. “Il clima è molto brutto – ammette l’antisemitismo sempre più sdoganato. Per quanto mi riguarda è andata bene, la polizia ha presidiato il luogo dell’evento impedendo ai manifestanti di entrare rovinandolo. Solo quando sono uscito ho visto i manifestanti, le bandiere e sono venuto a sapere degli scontri. È andata peggio a loro, al Campus. Erano 20 ragazzi minacciati da decine di manifestanti che li han aggrediti e spintonati e obbligati a uscire dalla sala, addirittura staccando al presidente Ugei, Luca Spizzichino, la spilla che rappresenta la richiesta di liberare gli ostaggi israeliani in mano ad Hamas. Comunque è triste dover ricorrere alla Digos per presentare un libro e per esprimere la propria opinione. Spero che gli italiani si rendano conto della brutta china che questo Paese sta prendendo in questo senso”.
Un segnale arriva dalle vendite.
Il libro di Greppi, da un giorno, è schizzato nelle classifiche Amazon. Primo nella sezione ebraismo, nella giornata appena conclusa è stato secondo nella sezione Religione. Ed è forse questa la risposta migliore all’intolleranza degli ignoranti: un libro che parla di loro, del loro odio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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