«L’arte? È come la letteratura»

Dall’editoria all’arte, e ritorno. Martina, primogenita di Leonardo Mondadori, ha una visione contemporanea e internazionale della cultura. Ovvero, abbasso gli stereotipi, perché ciò che conta è l’obiettivo. Che, nella sua filosofia, equivale ad allargare il pubblico dei fruitori escogitando nuove vie di comunicazione.
I ricordi di quando, da ragazzina, ascoltava le idee di suo padre su libri e arte, sono sempre state per lei una sorta di stella polare. Anche perché la scelta di proseguirne le orme, precisa, è sempre stata totalmente autonoma, come tutte le altre. Di sicuro, rigetta decisa l’etichetta di figlia di papà, e in fondo il curriculum sembra darle ragione. Laureata in Filosofia con 110 e lode alla Statale di Milano, da quando aveva 17 anni frequenta stage nelle agenzie letterarie degli Stati Uniti. A soli 22 viene chiamata a far parte del cda della casa editrice. Parallelamente, inizia a organizzare eventi nel mondo della cultura spaziando dalla letteratura al cinema. Oggi, a 28 anni, è mamma e pure socia della galleria d’arte Cardi Black Box con Niccolò Cardi e Marina Berlusconi, che proprio oggi inaugura la personale dell’americano Scott Short.
Quel che si dice una figlia modello. Suo padre da lassù la starà osservando...
«Io ho avuto un’educazione che ha sempre messo lo studio al primo posto, spesso anche durante le vacanze estive. Ma del resto avevo di fronte un modello esemplare pur senza essere coercitivo. Da mio padre ho assorbito come una spugna l’amore per i libri e per l’arte, coltivato nelle nostre lunghe conversazioni a casa con i numerosi incontri con intellettuali, scrittori e direttori di museo di tutto il mondo».
Ce n’è qualcuno che le è rimasto particolarmente impresso?
«Più di uno. Ad esempio la visita nella nostra casa di Milano di Tom Wolfe, una delle maggiori firme della letteratura americana. Rimasi profondamente colpita dal fascino carismatico e dall’eleganza dell’autore del Falò delle vanità».
Poi?
«Un altro incontro che ho nel cuore è quello con un altro grande americano, Thomas Harris. Io e papà lo andammo a trovare nella sua casa a Long Island. Era una dimora modesta in riva al mare e lui ci accolse nel suo studio. Lo guardavo e mi sembrava incredibile che, seduto a quel semplice scrittoio, potesse aver partorito Il Silenzio degli innocenti».
Poi ci fu il Papa...
«Sì, consegnammo a Giovanni Paolo II la prima copia del suo Varcare la soglia della speranza. Fu una giornata emozionante che non dimenticherò mai».
Veniamo all’oggi. Oltre alla casa editrice si occupa a tempo pieno di iniziative di marketing culturale. Di che si tratta?
«Nel 2005 ho fondato la società Memoria che ha l’obiettivo di avvicinare sempre di più il mondo dell’impresa privata agli eventi culturali. All’estero è una sinergia vincente, perché le aziende hanno capito da tempo che cultura è sinonimo di sviluppo e dunque anche di economia».
E in Italia?
«Siamo ancora un po’ indietro, anche se in alcuni settori come quello del lusso e dell’auto abbiamo ottenuto buoni risultati. Ma c’è moltissima strada da percorrere se consideriamo la ricchezza culturale di un Paese come l’Italia... ».
Poi c’è il progetto delle “Eccellenti letture“, che è un po’ il suo fiore all’occhiello. Invita gli attori del cinema a parlare di libri. Perchè?
«L’obiettivo è quello di avvicinare un pubblico sempre più giovane alla lettura. Così ho inventato l’escamotage di accostare scrittori contemporanei in carne e ossa a volti noti del piccolo e grande schermo. Agli scrittori il compito di raccontare le proprie opere letterarie e agli attori quello di interpretarle. Ovviante Eccellenti letture non si occupa solo di libri Mondadori... ».
Ma secondo lei i giovani italiani leggono o no?
«Be’, direi meno che nel resto d’Europa. Quando entri in un vagone del metrò di Parigi, i passeggeri con un libro in mano sono la maggioranza, che siano classici o best sellers. Da noi i ragazzi preferiscono ancora l’i-pod. Ma non importa, perché oggi si possono avvicinare i ragazzi alla letteratura anche con le nuove tecnologie, audiolibri compresi».
Da poco si è tuffata nell’arte contemporanea. Lo ha fatto sempre in nome della contaminazione dei linguaggi?
«Assolutamente sì. E dirò dei più: anche nel progetto della galleria Cardi Black Box il mio scopo rimane quello di divulgazione e apertura anche al di fuori del pubblico dell’arte. Non a caso la nostra curatrice Sarah Cosulich Canarutto ha il compito di presentare solo artisti internazionali poco noti al pubblico pur essendo già presenti nei musei. Come nel caso dell’americano Scott Short che inaugura oggi. E anche i prezzi avranno finalmente un tetto accessibile: le opere dei nostri artisti costeranno meno di un orologio di lusso. Infine, la galleria sarà anche un luogo di incontri e dibattiti non solo sull’arte».
Il suo artista preferito?
«Il sudafricano William Kentridge».
Che guarda caso è l’artista contemporaneo più letterario...
«Vero, però mi piace molto anche la forza della materia, come nel caso del tedesco Anselm Kiefer, quello delle torri celesti.

In realtà mi occupavo di arte anche prima della galleria e con le stesse finalità divulgative. La collana Electa sull’arte contemporanea a cura di Francesco Bonami era nata proprio con questo scopo, raccontare l’arte con semplicità, come una bella avventura».

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