L’arte di oggi? Vanta solide radici

GINO MAROTTA Retrospettiva anche per l’artista che dà forma a un immaginario minimalista e tutto giochi d’ombre

L’arte di oggi? Vanta solide radici

Cesare Zavattini, Enrico Prampolini, Gino Marotta, Alessandro Pessoli, Goldiechiari e Nicola Pecoraro: è con sette artisti per cinque mostre che il Macro, in via Reggio Emilia, inaugura la stagione espositiva, per offrire una panoramica sull’arte di oggi, con rinnovato interesse per la scena romana, ma soprattutto proporre allo sguardo una diversa prospettiva, in cui le opere siano meta di percorsi trasversali e personali e ogni osservatore diventi «curatore» delle esposizioni secondo la sua sensibilità. «In fondo - scriveva Zavattini - il tipo d’arte che la mia pigrizia ha sempre vagheggiato è andare in giro con una cornice, sobria, e quando vedessi un gesto, una scena, un valore che mi colpisce, li inquadro e invito i passanti con un grido a guardare». Questa l’idea del percorso, che, correndo lungo mostre differenti, invita il visitatore a tracciare il suo cammino ideale in un gioco di rimandi intellettuali ed emotivi, tra razionalità e istinto, pubblico e privato. Primo protagonista di tale filosofia della «cornice estemporanea» non poteva che essere Zavattini, che l’ha teorizzata. Fino al 10 gennaio, «Cesare Zavattini inedito», che inaugura il ciclo «Macroradici del contemporaneo» teso a valorizzare grandi interpreti della scena artistica romana, riunisce 200 opere realizzate dall’artista negli anni Quaranta a Roma. In una grande cassettiera sono raccolti dipinti su carta di piccole dimensioni, tutti inediti, foto, lettere e documenti: all’osservatore il compito di frugare in questa sorta di diario illustrato per approfondire vita e lezione dell’artista, andando a rintracciare le influenze esercitate su arte e cinema. Tra i pezzi esposti, i documenti di una collettiva di disegni di scrittori, che, accanto a quelle di Zavattini, che vinse il primo premio, vede opere di Eugenio Montale ed Elsa Morante. Dai cassetti di Zavattini a quelli di Enrico Prampolini nella mostra del Centro ricerca e documentazione arti visive del museo, per l’occasione trasformato in spazio espositivo.
Fino al 10 gennaio lettere, riviste, ricevute e documenti ricostruiscono la vita dell’autore dai primi anni del Novecento al ’56. Il percorso dall’immagine approda all’immaginario con la retrospettiva dedicata a Gino Marotta, fino al 30 novembre: dall’inedita «Ricognizione virtuale della Savana», dove la fusione di trasparenza e colore tipica dell’artista si veste di luce, a un Eden artificiale, in cui la bidimensionalità delle figure si anima di indizi volumetrici nel tentativo di raggiungere l’essenza della forma stessa, che, nell’allestimento volutamente minimalista, pare quasi proiettata sulle pareti in un gioco di ombre.
È un viaggio onirico pure «Macrowall» di Alessandro Pessoli, in mostra fino al 30 novembre: 50 acquerelli che l’artista dice realizzati quasi in un «sogno pilotato» compongono una colorata sequenza poetico-sentimentale.

Chiari i riferimenti a storia e cronaca, invece, nelle opere di Sara Goldschmied ed Eleonora Chiari, in arte Goldiechiari, e Nicola Pecoraro, che, fino al 10 gennaio, costituiscono la prima «tappa» del progetto «Roommates/Coinquilini» che fa dialogare lavori di emergenti: alberi incisi con date significative del nostro passato recente «crescono» all’ombra di un wallpaper astratto, da cui sembrano emergere spiriti che lanciano sguardi al futuro a contrastare la damnatio memoriae.

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