«L’arte è un pensiero che non finisce»

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Il corpo avvolto nella segretezza del silenzio è simile ai suoi ultimi autoritratti degli anni Novanta: enormi sagome chiare scendono a patti con l’ombra che incombe e le risparmia. Zoran Music si è spento ieri, aveva 96 anni. Non dipingeva da tempo. Ultimamente trascorreva lunghe giornate tranquille nella spaziosa quiete della sua casa a San Vio a Venezia, con la moglie Ida. Assomigliando a uno di quei meravigliosi esemplari di orso in fase di letargo di cui sapeva raccontare in dettaglio le migrazioni, nei paesaggi di confine dalla Stiria alla Slovenia, sua terra natale. Indisturbato, sembrava essere immerso nel suo elemento vitale: il silenzio. Silenziose le sagome immobili degli autoritratti. Silenziosi corpi nudi le colline senesi, i paesaggi umbri, i sassi di Matera, le chiatte sul Canale della Giudecca. Silenziosi, atroci e sottilissimi i cadaveri a Dachau. Silenziose e ammantate di riflessi bizantini le tante icone-Ida. Nato al confine dell’impero austro-ungarico agli inizi del ’900, Music partecipa di molte culture, idiomi, crocevia di razze. L’infanzia in Dalmazia, l’Accademia di Belle arti a Zagabria nel magistero del pittore croato Babic, un lungo soggiorno in Spagna. Arriva a Venezia una prima volta nel ’43, per restarvi solo qualche settimana. Nel ’44 viene arrestato dalla Gestapo. Sollecitato ad arruolarsi nelle SS pagò il rifiuto (espresso in una risata) con la deportazione a Dachau. Dopo la liberazione, ridotto allo stremo, decide di stabilirsi a Venezia a dipingere, è Ida a prestargli il suo studio, poco dopo si sposeranno. Nell’autoritrarsi usava i colori del deserto, quelli essenziali. Pochissimi: ocra, terra bruciata, arancione, nero. Ogni emanazione di Zoran ha insegnato a sostare: la modulazione semprevidentica nei timbri delle cose dipinte, la mite discrezione in ogni suo gesto, l’attitudine all’ascolto, la prudenza nell’utilizzo della parola, l’andatura, l’eleganza. Dipingere? «L’opera - diceva - riesce soltanto se viene spontanea, con gioia e leggerezza.

Senza far fatica. Penso che il lavoro sia come una farfalla, un soffio, un niente...». Una frase che amava ripetere: «Mi accontenterei di essere ricordato come una leggera brezza. La pittura è un pensiero che esita e non finisce».

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