«L’asilo era un lager» Il Pm chiede tre anni per le maestre

«L’asilo era un lager» Il Pm chiede tre anni per le maestre

Cattive maestre. Educatrici in un micronido che era «una specie di lager», e i bambini come «vittime totalmente indifese». A quasi due anni di distanza dalle prime atterrite testimonianze, il pubblico ministero Marco Ghezzi riapre la ferita. Una dura requisitoria contro le due insegnanti dell’asilo in zona Precotto, accusate di maltrattamento aggravato nei confronti dei bambini affidati alle loro cure. Tre anni di reclusione, è la richiesta di condanna avanzata in aula dal Pm.
Uno spaccato agghiacciante, quello ricostruito dal magistrato davanti al giudice Ilaria Simi De Burgis della quinta sezione penale. Quel micronido, gestito dalla cooperativa Nuova Assistenza per conto del Comune, era un «lager» in cui i dodici bambini, di età compresa tra i 18 e i 30 mesi, «vivevano in un clima terrificante fatto di urla, insulti, calci nel sedere, sberle sulla testa», e nel quale - come ricostruito anche da alcuni testimoni - «i bambini venivano rinchiusi nello sgabuzzino», e «il cibo sputato per terra veniva loro rimesso in bocca sotto minaccia». Episodi che vennero ripresi con un telefonino da una bidella, che nel maggio scorso - davanti ai giudici - aveva ribadito le proprie accuse. «Non riuscivo più a sopportare episodi del genere - era stato il suo ricordo -, da allora il mio stato d’animo non mi consentì di restare ancora nell’asilo».
Uno scenario - prosegue Ghezzi - reso ancora più grave dalla condizione di totale soggezione dei piccoli, descritti come «vittime totalmente indifese perché, non parlando, non avevano né la possibilità di difendersi, né quella di raccontare ai genitori» ciò che tra quelle mura accadeva.
E, in aula, Simona D.C. e Simona M. - le due insegnanti, di 24 e 30 anni - si sono difese ripetendo quanto già sostenuto nei mesi scorsi davanti al giudice per le indagini preliminari Giovanna Verga. Negando tutto. Negando di aver mai preso a schiaffi i bambini, di averli mai aggrediti o insultati, «al massimo - spiega una delle insegnanti - mi sarà scappata qualche parolaccia, ma mai davanti a loro», né di averli mai chiusi nello sgabuzzino o nel bagno («le porte - è la spiegazione - erano soltanto accostate, e comunque noi eravamo sempre con loro»).
Il pm, nel corso della requisitoria, ha rivolto un appello al Comune - che in questo processo figura nella duplice veste di parte civile e responsabile civile -, chiedendo che dopo l’episodio di Precotto non si debba più fare i conti con asili «in condizioni orribili», e speso parole di elogio per l’assistente delle due educatrici. Perché quella donna, grazie alla sua testimonianza, ha contribuito a «scoperchiare» il vaso. «Tutti dovrebbero ringraziarla - ha detto Ghezzi - e andrebbe presa a esempio dalla cittadinanza».


Infine, l’avvocato Nadia Germanà - legale di parte civile - ha chiesto che come risarcimento vengano garantiti due anni di psicoterapia per ogni nucleo familiare (15mila euro per la terapia a ognuna delle dieci famiglie che si sono costituite), più i danni causati ai bambini vittime dei maltrattamenti (dai 20mila ai 90mila euro ciascuno). Il 28 settembre, nel corso della prossima udienza, le difese cercheranno di smantellare le pesanti accuse che gravano sulle due giovani educatrici.

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