Romano Prodi non ha lesinato né il catastrofismo fazioso né gli insulti nel suo discorso di ieri in piazza del Popolo. Berlusconi inadeguato, Italia umiliata e portata al disastro, leggi spudorate, finanziaria irresponsabile, siamo offesi da tanta inettitudine, e via dicendo. Pressa poco con questi stessi toni parlava decenni addietro Palmiro Togliatti, spiegando alle masse comuniste quanto fosse misera lItalia e quanto gioissero, allEst, i proletari dellUrss e dei Paesi vassalli. Ma Togliatti era, nel suo freddo cinismo, un attore adatto al copione che recitava, e invece il professor Prodi ha dato limpressione di essere, lui sì, inadeguato al ruolo.
Intanto gli è mancata una platea grandiosa di quelle che il Pci sapeva allestire, quando ci si metteva. Trentamila presenti secondo la questura, centomila affermano ottimisticamente gli organizzatori, e se anche fosse vero attesterebbe un mezzo fallimento. Di fronte a una folla compiacente ma non strabocchevole, il leader dellUnione sè spogliato della tonaca rassicurante di parrocone emiliano e ha indossato i panni di Terminator. Troppo brusco il cambiamento, e perciò poco convincente. Oltretutto a questa manifestazione presuntamente oceanica mancava un chiaro ubi consistam polemico. Dàgli alla finanziaria, ma non sè ancora capito bene, nel dettaglio e nel concreto, quali modifiche lopposizione attuerebbe qui e subito senza compromettere i conti dello Stato. Ci si scaglia contro i tagli ai trasferimenti finanziari per gli enti locali, ma tutti sanno che nelle regioni, nelle province, nei comuni - e in propaggini parapolitiche - gli sprechi sono immani. Sulla scia daltre pubblicazioni - in particolare il Giornale - anche la Stampa di Torino sta dedicando loro uninchiesta. La legge elettorale che non piace se la fa lattuale maggioranza in ambito nazionale è piaciuta invece quando in Toscana lha fatta il centrosinistra. Difficile entusiasmare i compagni su argomenti così complicati e controversi, facile invece suscitarne lentusiasmo con le invettive a Berlusconi: che scatenano infallibilmente gli applausi, in questi comizi, così come li scatenava lingresso delle ballerine col cappello da bersagliere negli avanspettacoli dun tempo.
Mascella volitiva e petto in fuori Prodi ha promesso di rendere «forte di nuovo lItalia». «Saremo fermi nelletica, lungimiranti nella politica, coraggiosi nelleconomia, fedeli alla nostra Costituzione». E ancora: «Daremo ai nostri figli e alle generazioni che verranno quel futuro di democrazia, di pace, di progresso e di crescita che hanno il diritto di avere». Un programmna ambizioso, di scadenza plurigenerazionale, se non secolare e millenaristica: come è piaciuto anche ad altri di tracciarne, con esiti dubbi. Una meraviglia, se ci si accontenta di parolone altisonanti, di traguardi eccelsi e vaghi, di affidamenti nobili. Ma gli italiani, la cui ingenuità non è sconfinata, vorrebbero qualche ulteriore seppure modesta precisazione. A maggior ragione la vorrebbero da un Prodi che sè presentato e si presenta come esperto di economia e di imprenditorialità, non come un alato vate dannunziano.
Ma Romano Prodi è su una china estremista, oppure è in preda allincubo dello scavalcamento da parte di chi sa usare gli accenti del progressismo rivoluzionario assai meglio di lui. Il Professore si bertinottizza.
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