L’assessore Moioli: «Presto una culla in tutti gli ospedali»

«Uno strumento per salvare vite umane anche nella tragedia»

Quello delle vite rinnegate alla nascita pare un fenomeno lontano, che mal si concilia alla vita della metropoli dell’Expo. E invece la città scopre un’altra emergenza, silenziosa, anzi rotta da un vagito. Il pianto dei bebè lasciati soli in ospedale subito dopo il parto: sono stati 51 nell’ultimo anno, il triplo rispetto al passato. E poi ci sono gli abbandoni selvaggi, per strada, capita pure nei cassonetti. Contesti in cui la prontezza dei soccorsi è decisiva. Perciò la futuristica «Culla» che sta per nascere alla clinica Mangiagalli va oltre la riedizione dell’antica e chiacchierata ruota degli esposti. L’assessore alle Politiche sociali del Comune, Mariolina Moioli, l’ha fortemente voluta. «Solo un mattone nell’ambito di un progetto ben più articolato di servizi di prevenzione e aiuto messi in campo per le mamme in difficoltà - spiega la responsabile di Palazzo Marino -. A cominciare dalle comunità coinvolte, dagli assegni disponibili per sedici mesi a cavallo del parto. Vogliamo estendere lo strumento della culla, che tutti ci auguriamo sia usato il meno possibile, ad altri presidi ospedalieri caratterizzati da un’utenza massiccia». La legge consente alle madri di partorire senza rilasciare le proprie generalità alla direzione della struttura. «Siamo di fronte a un fenomeno marginale e complesso. Assistendo il singolo bambino proteggiamo il valore della vita in sé. La moderna “ruota” rappresenta una soluzione in più, l’estrema ratio, per quelle donne che non possono tenere un figlio e non vogliono partorire in ospedale».
Realtà che racchiude tragedie umane e familiari. Aiutano a conoscerle i dati diffusi da «Madre segreta», il servizio di supporto alla maternità della Provincia di Milano, attivo dal 1996. Metà delle donne che telefonano al numero verde 800.400.400 alla fine sceglie di non riconoscere il bambino portato in grembo. Un esito sofferto, protagoniste in sei casi su dieci madri italiane. Il 50 per cento ha tra i 18 e i 25 anni. La tendenza tra le immigrate è però in aumento. Sebbene non tutte sanno che il nostro Paese protegge la maternità in ogni caso, e chi si trova sul territorio senza permesso di soggiorno non può essere espulso per un periodo di almeno sei mesi. Dal momento della nascita passano invece una ventina di giorni prima che il neonato trovi una famiglia adottiva.
Le cause che conducono a privarsi della culla, spiegano gli assistenti sociali, sono trasversali alla condizione economica, «perché l’indigenza quasi mai costituisce il motivo principale dei mancati riconoscimenti». Oggi contano piuttosto incertezze identitarie, precariato lavorativo, partner che fugge davanti alle responsabilità.

Ma il quadro rischia di essere parziale se non si considerano i casi in cui «la negazione della maternità è dovuta da abusi sessuali o psichici subiti durante l’infanzia. O quando il concepimento segue perfino uno stupro».

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