Fabrizio de Feo
da Roma
Alla «festa della libertà» erano stati ripetutamente invitati. Ma il rifiuto a prendere parte alla manifestazione del 2 dicembre è stato secco, deciso e senza appello. E, oltretutto, corredato da un gesto plateale di dissociazione: la convocazione delle truppe centriste a Palermo, sabato alle 16 al Palasport, per una contromanifestazione, un evento solitario pensato per distinguersi e distinguere la propria linea di contrapposizione «soft» e ragionata al governo Prodi da quella dura, pura e viscerale degli alleati.
Una scelta complicata e facilmente esposta al fuoco delle critiche e alle accuse incrociate di vanità e di «infantilismo» da parte dai coinquilini della Cdl, come dimostrato dalle dure parole pronunciate da Gianfranco Fini. Ma anche digerita con poco entusiasmo dal corpo e dalla base del partito che ha vissuto la convocazione delle truppe in quel di Palermo con perplessità crescenti, come una decisione imposta dallalto, come un distinguo adatto più a chi frequenta i sofismi della politica che ad elettori e cittadini vessati dalla Finanziaria.
Gli stessi messaggi avvelenati, inviati in successione prima da Romano Prodi (con la pubblica lode della scelta centrista) poi da Piero Fassino sono state pillole amare per molti militanti. Il tentativo di spiegare la «linea» alla base del partito è stato compiuto a più riprese. E Pier Ferdinando Casini si è speso in prima persona nelle ultime due settimane. Nei suoi appuntamenti in giro per lItalia il leader dellUdc ha raccolto pazientemente le perplessità e i timori espressi dai coordinatori e dai dirigenti regionali. Li ha ascoltati e rassicurati, ribadendo che lopposizione in aula è e sarà compatta anche in futuro. Infine ha promesso che si spenderà sempre di più in prima persona sul territorio proprio per evitare che lo «smarcamento» dalla Cdl possa essere male interpretato e possa danneggiare il partito.
A livello locale grandi dissociazioni non si sono verificate. Con una eccezione: quella di Alfio Cantarini, assessore allUrbanistica di Magliano di Tenna, in provincia di Ascoli Piceno, che ieri ha deciso di uscire dallombra. «Sono dell'Udc di cuore prima che di tessera ma, con un gruppo di amici, sabato ci mettiamo in macchina e andiamo a Roma per dare un segno del malcontento per la Finanziaria e per il governo. La posizione di Casini è intempestiva. Ma lUdc, per fortuna, non è solo Casini. Sarebbe stato meglio scendere in piazza tutti uniti. E ci pare strano che Casini vada a Palermo per manifestare. Se, come dice lui, le manifestazioni rafforzano Prodi, il discorso dovrebbe valere a Roma come a Palermo. La verità è che nel partito, da queste parti, cè un fortissimo malcontento per queste scelte».
Nella tolda di comando di Via Due Macelli la decisione di Casini è stata vissuta più serenamente rispetto al resto del territorio. Ma certo non senza dubbi e piccole macerazioni. Una tensione resa visibile, ad esempio, dalla reazione vibrante scattata dopo la notizia pubblicata dal Corriere di mille bandiere dellUdc stampate dallorganizzazione di Piazza San Giovanni e messe a disposizione di eventuali manifestanti centristi. Ma anche dalla voce di Carlo Giovanardi, dirigente politico da sempre favorevole a una linea più «coalizionista». «Mantengo fermo il mio dissenso ma sono un dirigente del mio partito, quindi a Palermo ci sarò» dice lex ministro. Naturalmente, oltre alle incognite che costellano la via solitaria dellopposizione centrista, ci sono anche alcune luci che si accendono sullorizzonte. Lorganizzazione curata da Totò Cuffaro sembra, infatti, destinata a fornire un colpo docchio di tutto rispetto nel Palasport siciliano. E linevitabile mutazione dello show-down capitolino - che dopo il malore del leader di Fi assumerà anche i contorni di un «Berlusconi-day» - regalano elementi di conforto alla decisione casiniana di «emigrare» in terra di Sicilia.
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