L’Astrattismo alle «prime prove»

Fedora Franzè

A Frascati è attiva da ormai quasi sei anni una struttura museale ed espositiva che coniuga il fascino della costruzione seicentesca alla brillante attualità dello spazio ripensato da Massimiliano Fuksas con essenzialità di concezione. Sono stati usati materiali leggeri e sofisticati come il cristallo, il legno, l’acciaio, assieme alla pietra e ai minuti reperti archeologici incastonati come pietre preziose nelle teche illuminate. Riportate a nuova vita le ex Scuderie Aldobrandini sono ora disponibili ad essere percorse anche da opere lontane nel tempo e nello spazio dall’arte «tuscolana» raccolta nelle collezioni permanenti.
Oggi questo spazio nobile e flessibile accoglie una selezione di dipinti e sculture provenienti dai depositi della Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, la quale per la seconda volta vi organizza una mostra. Infatti a seguito della precedente «Italia quotidiana», nella quale venivano esposte opere dagli anni Venti ai Quaranta, si inaugura ora «Dalla figuratività all’astrazione», con lavori datati tra il 1945 e il 1960.
Sono presenti artisti che hanno scritto la storia dell’arte italiana del secondo dopoguerra, nel fervore creativo e nella confusione di un momento storico complesso, appesantito da un forte ritardo culturale e vitalizzato dalla voglia di risorgere.
Troviamo rappresentata l’arte figurativa di un de Chirico che già da tempo aveva avviato la sua fase barocca, con due dipinti tardi tra cui Angelica e Ruggero (1950), nei quali rivendica l’arte come racconto, possibilmente fantastico.
Alla sponda legata alla figurazione appartiene Guttuso, qui presente sia nella versione post-cubista sia in quella neorealista di un agrumeto siciliano in cui tutto è colore e forme semplificate.
Figurativo a modo tutto suo il Cavaliere di Marino Marini, forma archetipica e solenne ma anche quotidiana e tragicomica, gioco di bilanciamenti e tensioni minute.
Nelle opere esposte impazza la lezione cubista, assimilata e restituita in forma lieve e sognata da Franco Gentilini, carica dei segni stridenti propri di Cassinari, affiancata dalla ricerca sui toni di colore d’accento futurista di Sadun, portata sul filo della delicata dissolvenza luminosa da Sergio Romiti, la cui Cucina chiara è un gioiello d’eleganza cromatica.
Dall’adesione fluida delle linee scivolate di Cagli alle reminiscenze già in corsa verso altri lidi di Capogrossi, il cubismo ritrovato percorre la sua parabola italiana fino a perdere del tutto l’oggetto scomposto.
L’opera astratta di Afro senza tradire la profondità della tradizione europea fa sua certa levità della pittura americana, l’assenza di peso della storia, e compie un salto verso un modo diverso di dipingere, introspettivo e d’azione.
Due sculture ceramiche di Leoncillo mostrano invece come l’artista umbro lotti ancora con un contenuto da narrare, disarticolando le figure in elementi che si incastrano, dando una connotazione poetica all’evento drammatico quanto all’episodio quotidiano. La sua è un’arte che sul finire degli anni Cinquanta compie il passaggio all’informale, superando la dialettica tra figurazione e astrattismo per un’immersione nella realtà esistenziale dell’artista.


Tra gli altri sono presenti Radice, Reggiani e Rho, dalle rigorose geometrie astratte, Pirandello, Scialoja, Vedova, Vespignani, Colla, Giuseppe Uncini di cui è esposta un’opera giovanile tessuta di linee prese in prestito da Klee e incise con forza su superfici già scultoree, che ne anticipano la successiva ricerca.
La mostra rimarrà aperta fino al 17 aprile. Info: 06.9417195.

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