Politica

L’ATTORE NERI MARCORÈ

«Benedetta ragazza, sul Pd la mia posizione è questa: la montagna ha partorito il bambino, ma io non voglio buttare il bambino con l’acqua sporca, che ognuno tira al suo mulino a vento, perché altrimenti bisogna tirare fuori un Don Chisciotte ma allora ci vuole uno che fa pure Sancho Panza, e chi lo fa? Lo fai tu? Lo vuoi fare tu? E benedetto iddio!». La dialettica del Di Pietro-Marcoré non è proprio stringente. Parla per proverbi, frasi fatte, modi dialettali, uniti alla rinfusa senza un filo logico preciso: un mix tra Totò e un venditore di tappeti impazzito. Il leader Idv è una delle ultime invenzioni mimetiche di Neri Marcoré (a Parla con me con Serena Dandini), artista poliedrico che ha già sfornato altre esilaranti interpretazioni di politici italiani, da Casini a Gasparri fino a Capezzone.
Marcoré, perché ora proprio Di Pietro?
«Perché è uno dei personaggi più in vista in questo momento e allora mi è venuto di farne la caricatura. Anche perché di materiale per la satira ce n’è...»
Come ha costruito l’imitazione?
«L’ho osservato, mi ha colpito il suo gergo e il modo di parlare molto diretto. Però non c’è uno studio particolare nella sua imitazione. I movimenti e i tic mi sono venuti così, facendolo. Solo il testo e il trucco sono costruiti prima».
Ma chi è il suo Di Pietro?
«È un personaggio furbo che pensa di usare il linguaggio popolare, i modi di dire, per fare presa sulla gente, anche se poi non si capisce bene cosa voglia fare in concreto. Insomma è un modo di fare politica che non mi convince molto...».
Sta dicendo che è un populista, come ha detto D’Alema...
«Io parlo della sua imitazione, non del vero Di Pietro...»
Certo, la sua imitazione. Ma perché il suo Di Pietro quando parla non si capisce mai cosa voglia dire?
«Forse perché non ha le idee molto chiare nemmeno lui...»
Di Pietro?
«La sua imitazione...».
Ah ecco. Lei ha un accento molisano perfetto. Ha preso lezioni?
«No, mi viene naturale perché mia madre è molisana».
E di dove?
«Di Montenero di Bisaccia».
Perbacco, lo stesso paese di Di Pietro. Magari vi conoscete anche?
«Quello no, ma i proverbi che usa li conosco bene, anche perché ho avuto la “consulenza” di un mio amico del liceo, anche lui di Montenero».
Qualche proverbio del Tonino-Marcoré?
«Per esempio: Montenere d’Besaccie, nega debbete e vota fàccie».
Che in italiano...
«Vuol dire nega i debiti e volta la faccia».
Molto Italia, pochi valori. L’altro?
«L’altro, anche quello molto usato dai molisani, dice: Ho nguntrate u callarale e ha ditt: “Tì a faccia tend”».
Anche qui serve la traduzione.
«U callàre è il pentolone di rame quindi il “callarale” è il pentolaio. E il pentolaio, che si sporca la faccia di nero, dice agli altri che sono tind, sporchi. Cioè è un po’ come il bue che dice cornuto all’asino».
Pure questo molto dipietresco. Un po’ come l’altro che dice Di Pietro-Marcorè: Serè, qui il più pulito c’ha la rogna.
«Si però quello è già più internazionale».
Ma insomma, Marcorè, che c’azzecca Tonino con la sinistra?
«Eheheh però questo non me lo può chiedere...»
Un’altra domanda alla Tonino: ma Di Pietro, le piace, o no?
«Diciamo che non è proprio il mio ideale di politico...»
Imiterà anche il figlio?
«L’ho visto ma non ho mai sentito come parla. Per ora non ci sono elementi per farne l’imitazione».
Ma la diverte più Di Pietro o Capezzone?
«Devo dire che a me piace più imitare Capezzone.

È incredibile come oggi dica esattamente il contrario di quello che diceva due anni fa».

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