L’attrezzeria Rancati: il cinema come cimelio

La chiamano la fabbrica dei sogni, ma quei sogni sono così reali da lasciare interdetti. Corazze, armature, spade, elmi di tutte le epoche e di tutte le fogge, perfettamente riprodotti, con poche concessioni ai materiali moderni come la plastica o la finta pelle. Reliquie della storia del cinema e del teatro, ammassate nei magazzini dell’antica attrezzeria Rancati, vanto dell’industria cinematografica italiana, attiva fin dal 1864, anno in cui fu fondata da uno scultore milanese, Edoardo Rancati, che scelse di passare dalla pittura dei fondali, alla produzione di accessori per i teatri. I suoi discendenti proseguono ancor oggi l’attività di famiglia noleggiando all’industria del cinema italiano e straniero quello che nessun costumista sarebbe in grado di realizzare.
Tanto per citare il caso più recente, gli attori del film Elisabeth-The Golden Age, attualmente nelle sale, indossano le armature, incise e niellate a mano, della Rancati. Tra gli scaffali dei labirintici magazzini della ditta, sono ordinatamente divisi per tipologia e in attesa di un nuovo impiego, gli elmi romani di Ben Hur, le corazze del film Asterix, le maschere da combattimento de Il Gladiatore, gli elmetti con paranaso del kolossal Le Crociate, i morioni spagnoli de La conquista del paradiso, gli spadoni di Braveheart. Nessuna concessione al feticismo da cinefili. Tutti gli oggetti rimangono in attesa di essere noleggiati ad altre produzioni, come gli elmi realizzati per i cavalieri di Giovanni dalle Bande Nere, ne Il mestiere delle armi di Olmi, che finirono sulle tavole del palcoscenico della Scala per i coristi de Il trovatore. Ottomila gioielli, 5mila armi, 2mila cinture, 4mila elmi, tutti prodotti artigianalmente dall’azienda che ha servito la storia del cinema approvvigionando le massicce richieste delle produzioni americane degli anni Cinquanta-Sessanta e accontentando l’elevato standard di qualità richiesto da registi italiani del calibro di Visconti e Fellini.
Interessante notare come tra gli oggetti di prima e dopo la guerra vi sia un forte aumento dell’attenzione verso le rifiniture. Migliora la qualità delle pellicole, le macchine da presa si fanno impietose indagatrici dei dettagli e, di conseguenza, non si può lasciare più nulla all’indefinito e all’impreciso. Per questo, gli artigiani di Rancati sbalzano a mano le visiere degli elmi, cesellano fregi, aggrediscono con acidi le lisce superfici metalliche per ricavarne arabeschi raffinati, tutto per far sembrare gli oggetti appena usciti dalla vetrina di un museo. Tra i cimeli più simpatici, il grottesco cimiero indossato da Gassman nelle vesti di Brancaleone di Monicelli e l’enorme armatura di Bud Spencer, genuino Ettore Fieramosca ne Il soldato di ventura, di Festa-Campanile.
Le reliquie più «cult», sono i libroni e i calamai della biblioteca de Il Nome della Rosa di Jean-Jacques Annaud e i bauli de Il Padrino, le buffetterie de Il Paziente inglese, i gladii dei legionari romani in The Passion, di Mel Gibson.

Pesanti giocattoloni sono i mitra e i fucili riprodotti a stampo dagli originali, in un’unica fusione, quasi fossero stati requisiti a giganteschi soldatini di stagno. Spade e lance sono, tuttavia, così realistiche che più di una volta i camion che trasportavano i materiali di Rancati furono fermati alla dogana per scrupolosi controlli.

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