Egregio Direttore, la ringrazio della recensione sull'«Ottimismo ereticale», e rispondo alla signora che l'ha scritta. La fede è un dono che non tutti ricevono o collaborano con Dio per averlo. La dottrina indispensabile è affare della Chiesa, e tuttavia non può mai essere contraddittoria.
Ma per ribattere taglio la testa al toro. Passo a due elementi comuni a tutti: lo spirito e la carne, che possono essere sani o malati.
Per aver fiducia nella Provvidenza o nell'uomo, occorre interpretare la realtà, ossia il merito umano e la condizione umana attuale e le sue possibilità. Bisogna chiedersi: stiamo o non stiamo scivolando su una china? E da quanto tempo? E i principi su cui ci si regge, considerati irrinunciabili, non sono forse deleteri, se la decadenza dura da tanto tempo? Se poi le cose stanno così, la speranza sta solo in un cambiamento radicale, e nel rinnegamento di un progresso che è regresso mortifero.
Ottimismo o pessimismo mettono entrambi fuori strada, come illusioni equivalenti.
Per farla breve, basterebbe osservare la tendenza della moralità - metro sicuro del vivere sociale e individuale - per avere la risposta certa.
Qualsiasi civiltà scesa sotto un dato grado di integrità nei costumi ha sempre fatto una brutta fine. Non c'è ragione né spirito che tenga per prevedere, o per ottenere, che questa ferrea legge possa essere invertita.
Come ripeto, chi lo voglia può costatare l'inarrestabile decadenza in ogni campo: prima spirituale, poi morale, quindi materiale.
Cordiali saluti.
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