L’autogol della Casa delle libertà che ha regalato l’Italia a Prodi

da Milano

Quello che doveva essere il fiore all’occhiello dell’ex ministro per gli Italiani all’estero, Mirko Tremaglia, s’è rivelato un vero e proprio roveto nelle mani dell’uomo di An. E in quelle di tutti gli italiani. Per la prima volta 2.623.382 connazionali fuori confine hanno potuto votare. O tornando in Italia o per corrispondenza. Quattro le circoscrizioni in cui è stato diviso il pianeta: Europa; America meridionale; America settentrionale e centrale; Africa, Asia, Oceania e Antartide. Un voto per contribuire a mandare a Roma, in Parlamento, sei senatori e dodici deputati.
I risultati ufficiali hanno dato la vittoria, determinante per il traballante governo Prodi, al centrosinistra. Il quale ha conquistato quattro deputati su sei nella circoscrizione Europa, tre su tre nella circoscrizione America meridionale, uno dei due in America settentrionale e l’unico seggio per Africa, Asia e Oceania. Per il Senato, l’Unione ha vinto l’unico seggio in America del Nord, i due dell’America meridionale, l’unico per Africa, Asia e Oceania, mentre in Europa un senatore è andato al centrodestra e uno al centrosinistra. Insomma, una débâcle per il Polo.
Da subito, però, sono emersi due elementi sconcertanti: le gravi e diffuse irregolarità nel voto fuori confine e la poco lungimirante frammentazione con la quale il centrodestra ha presentato i suoi candidati. Il voto è stato una babele: schede mai spedite, propaganda elettorale nei plichi, traffico di voti. Centinaia le denunce di scarsa trasparenza nelle operazioni. Mirko Tremaglia ha subito sbattuto i pugni sul tavolo: «Troppe scorrettezze, gli italiani devono tornare alle urne». Ma è rimasto un amaro svago. E tale rimarrà il rimpianto, per il centrodestra, di un harakiri in piena regola.

La Casa delle libertà, infatti, s’è presentata al voto con quattro liste diverse. Se fossero stati uniti, solo per il Senato, il Polo avrebbe prevalso in America del Nord, in Asia, Africa e Oceania. E oggi sarebbe tutta un’altra storia.

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