L’autopsia inguaia il vigile Il cileno ucciso al Parco è stato colpito alle spalle

L’autopsia inguaia il vigile Il cileno ucciso al Parco è stato colpito alle spalle

Sulla vicenda del ladruncolo cileno ucciso dal vigile urbano a parco Lambro è piombato ieri, pesante come un macigno, il primo responso dell’autopsia: colpito alla schiena. Facendo così cadere gli ultimi dubbi sulla veridicità della versione fornita dal ghisa che aveva giurato di non aver mirato deliberatamente alla vittima. Pur fornendo due versioni differenti: prima di aver puntato la pistola verso un complice armato, poi a terra per spaventare i fuggiaschi. Ora la sua posizione si è fatta estremamente critica e non è escluso che nelle prossime ore possa scattare il fermo. Anche per questo oggi si svolgerà in Procura un incontro tra magistrati e investigatori.
Alessandro Amigoni, 36 anni, sposato, lunedì era di servizio con tre colleghi del nucleo anticontraffazione in zona Buenos Aires. Alle 14.55 la radio gracchia la notizia di un altro equipaggio alle prese con una rissa al parco Lambro e i quattro si precipitano. Arrivando sul luogo segnalato, incrociano un Seat Cordoba con targa spagnola che alla vista della pattuglia sterza bruscamente. I ghisa la inseguono, la speronano, la bloccano. Escono due giovani che si mettono a correre, inseguiti dai vigili. Improvvisamente la detonazione. E mentre l’amico riesce a dileguarsi, Marcelo Valentino Gomez Cortes, 28 anni, barcolla e cade. Viene raggiunto, ammanettato, portato all’auto dei vigili dove si accascia. Solo allora gli agenti si accorgono che un proiettile gli ha trapassato il torace. Sul posto arriva il 118 ma per il ragazzo non c’è nulla da fare.
Le indagini vengono affidate alla squadra mobile. Amigoni dice di aver sparato perché il complice della vittima gli ha puntato contro una pistola. Al momento di tirare il grilletto però Gomez Cortes si trova sulla linea del fuoco e viene colpito al petto. Ricostruzione smentita dagli stessi colleghi «Non abbiamo visto alcuna arma e non abbiamo percepito una situazione di pericolo». Un altro teste conferma: «I fuggitivi erano disarmati». Amigoni allora cambia versione: «Ho sparato verso un terrapieno a scopo intimidatorio, non riesco a capire come il cileno possa essere stato colpito».
A questo punto la posizione del ghisa si fa difficile e il magistrato lo indaga per «omicidio volontario». Ma il peggio deve ancora arrivare. Il medico legale dopo un’accurata ispezione esterna del corpo esprime un dubbio: il cileno è stato forse colpito alle spalle. Ieri la conferma dall’autopsia: il proiettile è entrato dalla schiena, ha trapassato il cuore ed è uscito dal petto. Il foro d’uscita è più alto di 10 centimetri rispetto a quello d’entrata, come se chi ha sparato si trovasse in una posizione sopraelevata oppure il ferito fosse ingobbito nella corsa.
Un responso che è quasi una sentenza e che potrebbe determinare l’arresto del ghisa e per questo oggi in procura pm e investigatori si incontreranno per esaminare gli esiti dell’autopsia. Altre cose rimangono comunque da chiarire, prima tra tutte perché il cileno stesse scappando, nell’auto infatti non sono stati trovati droga, armi o refurtiva; intestata a un altro straniero, non risulta rubata.

Celibe con due figli (di 6 e 5 anni, nati dalla relazione con una peruviana di 33 anni) ha qualche piccolo precedente ma non conti aperti con la giustizia. Però era clandestino e questo potrebbe avergli fatto temere l’ espulsione. La polizia cerca ora l’amico scappato, per sentire la sua versione e per capire se potesse avere anche lui qualcosa da nascondere.

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