Enza Cusmai
da Milano
Un altro gatto contaminato dal virus dellinfluenza aviaria. Questa volta in Austria. E a differenza del cugino tedesco che ci ha lasciato il pelo il 28 febbraio scorso, il micio è ancora vivo. Qualcosa, però, ha sorpreso i ricercatori. I gatti influenzati dal virus erano tre. Ora solo uno è ancora contaminato. Gli altri due sono sani. Il problema è che le vecchie analisi non erano sbagliate. I gatti potrebbero essere guariti da soli. Questo, perlomeno, è quanto assicura il portavoce dellAgenzia federale per la sicurezza alimentare, Oscar Wawschinek: «Gli animali sono sicuramente stati contagiati dal virus, ma il loro organismo sembra essersene sbarazzato».
Lultima pagina del capitolo sullavaria è stata scritta a Graz, capoluogo della Stiria. Precisamente nel rifugio per animali «Arca di Noè» dove già a febbraio scorso un cigno aveva infettato 13 altri volatili, tra cui due polli. Ora il rifugio è stato chiuso e i 160 gatti che erano ospitati nellArca sono stati trasportati all'università di veterinaria di Vienna e tenuti sotto osservazione. Le autorità invitano alla calma ma, cè da giurarci, gli attacchi isterici di proprietari di gatti sono già da mettere in conto. «Non diamo la caccia ai gatti come si faceva nel Medioevo» ammonisce Paolo Albonetti, membro dell'Ente nazionale protezione animali. «Anche per questi animali - ha spiegato Albonetti - come per i volatili, occorre fare molta attenzione e sorveglianza, ma non bisogna creare allarmismo». Ai più scettici può servire la rassicurazione medica di un virologo, Mauro Delogu, dellUniversità di Bologna: «Ad oggi non c'è nessun tipo di evidenza scientifica della trasmissione del virus H5N1 dal gatto all'uomo - precisa - la zona della Stiria è un'area contaminata, nella quale si trovano numerosi volatili selvatici infetti, fra i quali è stata evidenziata un'evidente mortalità».
Dunque la zona in cui il felino è stato contagiato era ad alto rischio. Nulla a che fare con i gatti domestici che vengono mantenuti sotto controllo e alimentati a crocchette. E in ogni caso, un gatto infetto non equivale a un uomo infetto. Lunico animale in cui potrebbe avvenire la mutazione del virus - è stato già scritto molte volte - è il maiale. Che per il momento non è mai stato colpito dal virus letale in alcuna parte del mondo. «Per correre pericoli - spiega ironicamente il direttore generale Igino Andrighetto - una persona dovrebbe inguanarsi, coprirsi di guano e ingerirlo». Situazione folcoristica in Occidente quanto pericolosamente realistica in Africa, dove non solo gli animali da cortile sono la principale risorsa di sostentamento, ma vengono allevati in condizioni sanitarie precarie, che amplificano le conseguenze della diffusione del virus. «In Niger, Nigeria, Egitto, Uganda, Burkina Faso - ha aggiunto Stefano Marangon, direttore sanitario dell'IZSVe - si sta già verificando l'espansione del virus», e gli esiti possono essere «devastanti»: difficili i controlli, problematico l'abbattimento precauzionale degli animali venuti a contatto con esemplari ammalati perché il rischio è di ridurre alla fame intere popolazioni. Marangon ha quindi fornito i dati della situazione in Italia dal primo febbraio scorso a oggi: 42 campioni sospetti testati, 19 quelli risultati positivi all'H5N1 (16 cigni, una poiana, un pollo sultano, un germano, rinvenuti in Calabria, Puglia, Sicilia e Umbria; in totale, i campioni non sospetti esaminati per l'influenza aviaria ammontano a 6.645, dei quali 3.
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