L’eclissi dei colonnelli ha inacidito D’Alema

Caro Granzotto, l’ascesa di Walter Veltroni a capo del neo partito della sinistra ha comportato anche l’eclissi dei generali e dei colonnelli della Quercia e della Margherita. Di Rutelli non si hanno notizie, Fassino è partito in missione in Birmania con l’incarico di «sostenere gli sforzi dell’Unione europea» in quella plaga, D’Alema si è rifugiato nella ridotta di «Italianieuropei» e non sto a nominare i vari Castagnetti, Letta, Follini, Parisi, Bassolino, Chiti, eccetera. Il sistema partitico non ci aveva abituati a un così radicale spoil system per cui mi chiedo se è una delle solite ammuine o cosa seria. In sostanza, cosa faranno i boiardi messi in disparte da Veltroni, si rassegneranno alla vita di pensionati o li vedremo presto sulla scena? Mi incuriosisce molto il caso D’Alema che fra i boiardi era quello che più intrigava la destra e pare anche Berlusconi (vedi la Bicamerale).



Tutto dipende dai muscoli e dalla resistenza di Veltroni, caro Martinetti. Se picchia sodo (e incassa bene) magari ce la fa a pensionare la vecchia nomenklatura. È difficile, perché trattasi di politici coriacei, scaltri e navigatissimi, però anche Veltroni non scherza e quindi staremo a vedere. Chi l’ha presa davvero male e non lo nasconde, è proprio D’Alema. Ritrovarsi fuori dal giro lo ha incattivito e l’incattivimento lo ha reso ancora più antipatico di quello che - a giudizio unanime - era. Giorni fa mi è capitato di vederlo e ascoltarlo nel programma di Giuliano Ferrara e per la prima volta ho cambiato canale prima che Otto e mezzo terminasse. L’aria, l’atteggiamento e il tono di D’Alema erano più che insopportabili, erano odiosi. Riferiva delle banalità (di ritorno dal vertice di Annapolis, pareva che ne fosse stato il braccio e la mente. E che lui solo avesse le soluzioni per risolvere la questione palestinese: gli altri, da Bush allo sgomento Ferrara e alla ammutolita Armeni, tutti dei dilettanti incompetenti e faciloni), ma le enunciava con petulante saccenteria, gonfio fino a scoppiare di una smisurata stima di sé. Senso dell’umorismo, che pure un tempo talvolta si compiaceva di palesare, zero. Non parliamo dell’autoironia, che D’Alema non sa nemmeno dove stia di casa. Invano i conduttori cercavano di sciogliere quell’iceberg, quel blocco di ghiaccio: niente. Mi tornò alla mente Kruscev. A Kennedy che gli diceva, indicando McNamara: «Se gli ordinassi di sedersi su una barra di ghiaccio resterebbe seduto senza fare una piega fino a quando il ghiaccio non fosse completamente sciolto». E Kruscev, di rimando, indicando Gromyko: «Se glielo ordinassi, lo farebbe anche lui, con la differenza che il ghiaccio non si scioglierebbe».
È vero, caro Martinetti: D’Alema piaceva (e forse piace ancora) anche a destra. Sembrava (e forse sembra ancora) l’unico interlocutore possibile per un accordo sulle riforme, sul modello di quello messo a segno dalla kanzlerin Angela Merkel. Di lui si diceva (e forse ancora si dice) che della sinistra è il più intelligente, molto ma molto più di Giuliano Amato che pure si beccò - non s’è mai capito il perché - l’appellativo di Dottor Sottile.

Però chiunque lo abbia seguito in quella puntata di Otto e mezzo se ne sarà certamente disamorato. A vederlo così, un maestrino di provincia, azzimato e altezzoso, veniva voglia di gridare: «Forza Veltroni!» (e io l’ho gridato, nel momento stesso in cui cambiavo canale).
Paolo Granzotto

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