Rodolfo Parietti
da Milano
Tenuta per mesi fuori dalla porta come unospite indesiderata, lipotesi di un taglio dei tassi è tornata a comparire sullagenda della Bce. La ferma determinazione con cui la banca centrale europea aveva in modo quasi ossessivo definito «appropriato» il livello del costo del denaro, fermo al 2% da due anni, sta infatti mostrando delle incrinature, provocate da una crescita economica deludente e ben al di sotto delle aspettative che ha finito per riaprire il dibattito sulla necessità di aiutare lo sviluppo anche attraverso lo strumento della politica monetaria.
Il primo ad ammettere implicitamente che qualcosa ai piani alti dellEurotower è cambiato, era stato del resto Jean-Claude Trichet allinizio del mese, quando il presidente della Bce aveva sottolineato come listituto non avesse in questo momento alcun orientamento di politica monetaria. Nel linguaggio dei banchieri centrali, ciò implica una strategia in cui ogni opzione viene presa in considerazione. Ma la precaria salute economica di Eurolandia non lascia alcun margine di manovra per spostare verso lalto le leve dei tassi. Sul tappeto, quindi, resterebbe la sola possibilità di indirizzare la politica monetaria in senso ancora più espansivo.
È unalternativa di cui i mercati valutari stanno già valutando da qualche tempo e che, in qualche misura, è allorigine del deprezzamento di circa il 10% subìto dalleuro da gennaio nei confronti del dollaro. La moneta unica, su cui continua a pesare anche il doppio no alla Costituzione europea pronunciato da Francia e Olanda e il fallimento nello scorso fine settimana dei negoziati sul bilancio dellUnione, è scesa ieri sotto quota 1,22 dollari (1,2131 il minimo di seduta) anche a causa dalle voci rilanciate dalla Reuters di un possibile alleggerimento del costo del denaro. Secondo lagenzia di stampa, allinterno del consiglio della Bce sarebbero emersi contrasti sullopportunità di ridurre i tassi. Due diverse «filosofie» che avrebbero reso opportuna una pausa di riflessione, in attesa di vedere dai prossimi dati macroeconomici levoluzione congiunturale. Un fatto è certo: una dinamica economica così fiacca ha sorpreso lEurotower. «Le statistiche più recenti non hanno evidenziato il miglioramento delle prospettive economiche che speravamo - ha ammesso una fonte vicina al direttivo Bce -. Presto avremo unidea più chiara sulleventualità di dover cambiare le nostre aspettative sulla seconda metà dellanno, in modo da rendere appropriato un allentamento della politica monetaria».
Considerata la matrice tedesco-centrica della Bce, è evidente che la prima obiezione sollevata da chi è contrario a manovre sui tassi riguarda linflazione. Con le quotazioni del petrolio proiettate oltre i 60 dollari, il rischio di un surriscaldamento è innegabile. Finora, tuttavia, non vi sono stati effetti secondari visibili su prezzi e salari indotti dal caro-greggio. E anche le ultime statistiche di Eurostat collocano linflazione di maggio all1,9%, dunque al di sotto della soglia-limite posta al 2% da Francoforte. È anche vero che unulteriore svalutazione delleuro, da mettere in conto se a fine mese si allargherà il divario fra tassi europei e americani con lennesimo rialzo del costo del denaro da parte della Federal Reserve, finirà per appesantire la bolletta energetica con riflessi sullinflazione.
A favore di un taglio dei tassi giocano invece altri fattori. «La fiducia (di consumatori e imprese, ndr) è uno dei problemi principali e non è affatto chiaro come superarlo», ha detto unaltra fonte di un istituto centrale Uem.
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