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L’economia Usa riparte dal boom dei ricavi hi-tech

Ancora prima dell’applicazione della riforma finanziaria, Wall Street cambia registro in risposta alle contingenze economiche. L’esame delle prime grandi compagnie che hanno finora presentato i risultati del secondo trimestre mette in luce un ribaltone nelle valutazioni degli investitori: la (temporanea) fine del diktat dei profitti, della redditività ad ogni costo, a favore dei volumi e dei ricavi. A primo acchito potrebbe sembrare un’eresia in un sistema finanziario che ha nelle proprie fondamenta un metro di giudizio legato alla capacità di creare valore. Ma proprio questo assioma, in un momento delicato come quello che stiamo attraversando, con indicatori di crescita deboli e pressioni sull’occupazione, ha visto cambiare le priorità, dando maggiore spazio alle prospettive di ricavi e di crescita complessivi.
Su 67 società dell'indice S&P 500 che hanno comunicato i numeri di bilancio del periodo aprile-giugno, solo 12 non hanno centrato le attese. Dato per scontato il contributo dal taglio dei costi e dalla riorganizzazione delle compagnie, le risposte più significative in Borsa si sono infatti avute solamente in conseguenza di un sensibile miglioramento delle vendite. È il caso ad esempio di Intel che, grazie ai ricavi record nel terzo trimestre e alle aspettative di ulteriore espansione, ha guadagnato da inizio luglio il 12% contro il 6% del listino. Oppure di Alcoa che ha incrementato le previsioni di consumo di alluminio mondiale, registrando un balzo in avanti dell'8%. Per non parlare della Apple che dopo aver vissuto due settimane di pressioni per le polemiche seguite ad alcune difficoltà tecniche dell'antenna dell'iPhone 4, ha zittito i critici comunicando il fatturato migliore delle propria storia (15,7 miliardi) forte di quasi 8 milioni e mezzo di smart-phone venduti e 3,3 milioni di Ipad. «Il mercato si sta ridimensionando ad un'economia meno drogata dai debiti e dalla leva finanziaria (nel pubblico e nel privato), privilegiando le prospettive della domanda», spiega Mario Spreafico, Direttore Investimeti Schroders che aggiunge: «Le conferme di crescita da compagnie cicliche come semiconduttori e materie prime allontanano i dubbi paventanti dai più pessimisti su una frenata rilevante dell'economia». Le delusioni per Google, Yahoo, Texas Instruments e Ibm, tutte in grado di registrare un balzo in avanti nella redditività ma incapaci di schiarire i rispettivi scenari di mercato confermano questa tendenza. «Continua l'avversione al rischio tra gli operatori che ricercano qualità e sostenibilità dagli investimenti»- dice Livio Dalle, senior portfolio manager del gruppo svizzero Vontobel.
Alla luce dei risultati le banche non sembrano essere l'orizzonte ideale. Da Jp Morgan, a Citigroup, passando per Bank of America e Goldman Sachs; le maggiori banche di Wall Street hanno messo a segno un calo nei ricavi, a causa delle consistenti perdite nelle attività di reddito fisso e trading. Anche il livello dei prestiti è sceso, mentre la redditività (ad eccezione di Goldman zavorrata dagli accantonamenti straordinari per la vertenza con la Sec e le misure fiscali nel Regno Unito) ha mostrato un balzo in avanti in virtù delle "rivalutazioni" di asset eccessivamente svalutati lo scorso anno. Sostanzialmente quello che fino allo scorso anno pesava sui bilanci delle banche (le svalutazioni di crediti inesigibili) sono ora diventati il segreto dei loro utili in crescita. «Le banche mostrano difficoltà nelle attività tradizionali. La crisi dei Paesi sovrani e le incognite sulla congiuntura hanno lasciato il segno per tutti»- ha aggiunto Dalle. L’eccezione alla regola, e il conseguente apprezzamento dagli investitori, è arrivata da Morgan Stanley e Wells Fargo proprio ieri.

La prima è riuscita, contrariamente a tutte le rivali, ad espandere le attività di trading. La banca californiana invece, nonostante abbia subito un calo del 3% degli utili, è stata in grado di centrare le aspettative di ricavi.

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