L’economista di sinistra vede rosa (se non si vota)

L’economista di sinistra vede rosa (se non si vota)

da Roma

L’economia italiana ha già superato la crisi. Dal 2005 «qualcosa di muove» nell’industria e vanno meglio anche le esportazioni. Insomma i «cinque anni peggiori dal Dopoguerra» a oggi recentemente descritti da Romano Prodi non sono stati poi così male. E, verrebbe da dire, l’economia non ha bisogno di quella «frustata» promessa dal candidato della sinistra. Per trovare qualche valutazione non catastrofista sullo stato del Paese firmata da esponenti della sinistra basta far tornare le lancette dell’orologio al novembre scorso. Quando la campagna elettorale non era ancora iniziata poteva capitare di leggere un rapporto del Nens, centro di studi economici che fa capo agli esponenti Ds Pierluigi Bersani e Vincenzo Visco, con tesi che oggi sarebbero attribuibili solo a qualche economista del centrodestra.
«Nel corso del 2005 - si legge nel penultimo numero della rivista del Nens - anche grazie al miglioramento del quadro internazionale l’industria italiana sembra aver superato la fase più acuta della crisi che ha caratterizzato gli ultimi anni. Tutti gli indicatori hanno infatti evidenziato un graduale miglioramento. L’indice della produzione industriale dopo aver toccato il punto minimo nei primi mesi dell’anno in corso ha avviato una fase di recupero». Il principale pensatoio economico della Quercia dava inoltre conto di buoni segnali dall’export, anche se verso l’Est le performance italiane sono «inferiori alle potenzialità». In particolare - aggiunge il rapporto con toni tremontiani - «le imprese italiane sembrano in ritardo rispetto alla forte dinamica del mercato cinese». A trainare l’economia, cogliendo le sfide dell’internazionalizzazione sono «le medie imprese anche nei settori più tradizionali». Ci sono anche «fenomeni di crisi o di pesanti ristrutturazioni», ma il tutto fa pensare a «cambiamenti strutturali» che stanno investendo il nostro sistema produttivo. Insomma uno scenario che «non presenta ancora il quadro di una risposta adeguata alle difficoltà della situazione», ma nel quale «si colgono alcuni segnali di movimento che permettono di non considerare il Paese rassegnato al declino».
Decisamente più cupo il tono delle ultime pubblicazioni del Nens. Una sezione del sito è intitolata «Il millantato credito elettorale. Le schede che documentano le mistificazioni della propaganda del Governo». Tra i titoli del sommario dell’ultimo numero della rivista: «Cinque anni buttati al vento, l’occupazione che non cresce più, l’aumento della povertà».

La crescita, è oggi la tesi del Nens, «ha subìto un brusco rallentamento. Berlusconi e Tremonti lo hanno addebitato prima all’11 settembre, poi al Patto di Stabilità, poi all’euro, infine alla Cina. Ovviamente le cause vere sono ben altre».

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