L’ecuadoriano che dà voce alla sua gente

Ha lavorato al progetto parchi: «Balli, canti e pic nic per prevenire comportamenti a rischio»

Marina Gersony

Si chiama José Galvez, ha 39 anni, ed è nato a Riobamba, in Ecuador. Il destino lo porta a Milano dopo una serie di esperienze in giro per il mondo. Oggi si occupa di immigrazione, ma soprattutto dei suoi connazionali per i quali è diventato un importante punto di riferimento. «Mi sono laureato in Economia in Ecuador - racconta -. In seguito ho lavorato come manager multimediale al British Council prima nel mio Paese, in seguito in Tunisia, in Inghilterra, in Marocco e infine a Milano dove ho deciso di fermarmi». Qui ha messo su famiglia ed è nato il piccolo Alick.
Al British Council di Milano il giovane José lavora un paio d’anni, giusto il tempo per calarsi nella realtà cittadina e scoprire i disagi della comunità a cui appartiene e che vorrebbe aiutare. Decide così di fare il grande salto e mettersi in proprio, non prima però di aver conseguito un corso di perfezionamento in management dell’immigrazione alla Bocconi. «Nel 2000-2002 l’Ecuador stava attraversando una profonda crisi economica pari a quella Argentina - spiega -. La gente ha cominciato così ad espatriare in massa». E sono in molti ad aver scelto come meta l’Italia. Secondo l’Ismu, la comunità conta 27mila persone in Lombardia, per il 65 per cento donne, con picchi, nel comune di Milano, di quasi 15mila unità. Il tasso di irregolarità è molto alto, uno su quattro è clandestino, con un’incidenza della carta di soggiorno ferma dal 1999 al 10 per cento. Galvez si rende conto che c’è molto da fare. Inizia a collaborare con la Regione Lombardia su una serie di progetti pilota dell’area «Mobilità geografica dei lavoratori». Le idee sono tante, ma vanno concretizzate. Lancia e dirige una testata online con una redazione di giornalisti free lance (www.impresaetnica.it) per promuovere la «good reputation» degli imprenditori etnici. «Le imprese sono in aumento - osserva -. Anche se manca un pieno riconoscimento da parte della società italiana».
Nel frattempo, l’intraprendente ecuadoriano presiede l’associazione Mitad del mundo (www.mitadelmundo.com), un’organizzazione senza scopo di lucro con l’obbiettivo di assistere e tutelare gli ecuadoriani e favorirne l’integrazione. L’iniziativa di cui va particolarmente fiero è il Progetto Parchi, realizzato con il Consolato dell’Ecuador e il Comune di Milano. «Penso a quattro anni fa, quando il Parco delle Rose a Milano sembrava la Carolina, il parco più amato dei quitenos - ricorda -. Era come un popolo invisibile che iniziava a materializzarsi: ballava, suonava, mangiava encebollado e fritada, brindava a cerveza in uno dei tanti luoghi pubblici lasciati liberi dai milanesi in fuga dall’afa. E non sempre senza fare rumore». Nella comunità infatti, accanto ai «ben integrati», ci sono le bande giovanili, gli alcolizzati, le prostitute, ma anche le donne sfruttate, le interruzioni di gravidanza e i minori abbandonati. «Con il Progetto Parchi - sostiene Galvez - lo scopo è di utilizzare questi momenti di aggregazione spontanea per la sperimentazione di un intervento educativo e per contenere l’incidenza di comportamenti a rischio».


Insomma, molta è la carne al fuoco e molti i progetti in corso: come un nuovo mensile gratuito dal titolo Visión, dedicato a tutti i popoli latinoamericani, e un convegno per dare voce e visibilità agli imprenditori etnici in Italia.

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