(...) Insomma, una vera disfatta probabilmente inattesa, che non può però essere solo figlia della casualità. Il caso ligure infatti non è uneccezione. Anche nelle regioni in cui il centrodestra ha stravinto, la destra paga un dazio pesante. Il caso della Lombardia è addirittura clamoroso. Degli otto consiglieri che aveva An, al Pirellone ne resteranno soltanto tre. E uno cè perché inserito nel «listino» blindato del presidente Roberto Formigoni. Addirittura Romano La Russa, fratello del ministro Ignazio, è finito sesto con appena 9.539 preferenze (il più votato ne ha presi oltre 21mila, e per farcela ne servivano almeno 7.157). La Russa era dato come la punta di diamante del Pdl, si prevedeva un plebiscito a suo favore, ma lurna ha riservato la brutta sorpresa. Più o meno come per Plinio in Liguria, che era sostenuto dallo stesso ministro e coordinatore nazionale del partito. E di La Russa non si può dire che è un provocatore di scontri allinterno del Pdl. Anzi, molto spesso è intervenuto per accorciare le distanze tra Fini e Berlusconi.
Gli stessi Romano La Russa e Gianni Plinio difficilmente potevano essere visti come consiglieri a rischio quanto a fedeltà per Berlusconi, e comunque un discreto numero di consensi li hanno ottenuti forse proprio per questa loro capacità di «smarcarsi» da un presidente della Camera troppo irrequieto. I finiani doc invece hanno fatto flop. In Lombardia proprio Cristina Muscardini, europarlamentare di lungo corso, non è riuscita a far eleggere la figlia Anastasia Palli, che pure sulla scheda aveva fatto mettere «detta Muscardini» per richiamare il nome della mamma: risultato 1.134 voti e un poco onorevole 11° posto tra i candidati del Pdl.
Un tempo molto vicino alle posizioni di Gianfranco Fini, pur se recentemente ha tenuto a chiarire la sua fedeltà alle posizioni del Pdl, è a Genova anche Gianfranco Gadolla, coordinatore metropolitano del partito. Un ruolo di peso che tuttavia non gli ha permesso di superare i 1.977 voti e il nono posto in graduatoria. Lultimo ex An in lista era Aldo Praticò, già capogruppo del partito di Fini in consiglio comunale, piazzatosi undicesimo.
I timori che un partito organizzato e strutturato come An, una volta inserito nel Pdl potesse fagocitare gli ex di Forza Italia si sono rivelati infondati totalmente. Anzi, potrebbe essere accaduto lesatto contrario, che cioè gli elettori abbiano voluto dare un segnale forte a favore di Berlusconi, sempre nel mirino delle «intemperanze» del presidente della Camera Gianfranco Fini. E allora lultimo «esemplare» di ex aennino sopravvissuto in Liguria potrebbe aver scoperto la ricetta giusta. Anche perché è riuscito ad aumentare da 4.800 a oltre 6.300 le sue preferenze. Alessio Saso da Imperia aveva la missione più impossibile di tutti, schiacciato da un nome forte come quello di Marco Scajola (recordman con oltre 11.000 voti) e il presidente della provincia di Imperia Gianni Giuliano, due candidati che avevano anche lappoggio del partito, compresi magari quei dirigenti che venivano dalle fila di An, il vice-coordinatore regionale Eugenio Minasso in primis. «Leffetto-Fini? Sì potrebbe esserci stato in parte - ammette Saso - Ma è certo che la nostra identità nel Pdl sia sbiadita, i nostri elettori tradizionali faticano a riconoscerci». Il trucco per evitare il tracollo qual è? «Io ho puntato sempre sul lavoro svolto, sulla disponibilità ad ascoltare le persone, a dare risposte concrete - spiega Saso - Non ho guardato solo a un tipo di elettorato, mi sono rivolto a tutti. Il mio slogan è stato: Coerente nellideale, tenace nellimpegno.
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