L’emergenza a Villa Scassi si cura aspettando in barella

I pazienti si lamentano: «Prima di essere visitati solo ore di attesa all’ingresso»

L’emergenza a Villa Scassi si cura aspettando  in barella

«Poco personale e tanta utenza. È questo il problema». Occorrono poche parole all'operatore sanitario che lavora al pronto soccorso di Villa Scassi per spiegare il perché, delle imbarazzanti attese dei pazienti «ricoverati» sulle barelle all'ingresso dello stesso pronto soccorso. Basta entrare infatti, un giorno sì e un altro no, nella moderna sala d'attesa per rendersi conto che i pazienti, sempre più spesso, sono costretti a «sostare» sulle barelle, anche per delle ore.
«Non si arriva mica al pronto soccorso per prendere un aperitivo - sbotta una signora seduta in terza fila -. Ma come si fa a pensare di dover restare immobili ad aspettare su una barella per tanto tempo, in preda ai dolori? È un'umiliazione. In ospedale uno ci va perché ha bisogno e non per perdere del tempo. Mia madre è anziana e ha seri problemi respiratori. Quindi è più il tempo che trascorro in ospedale che in casa».
La signora però non è l'unica a denunziare situazioni al limite del paradossale. Sabato ad esempio nella prima tappa del viaggio de «Il Giornale» nel pronto soccorso di Villa Scassi, pur essendo a detta di qualcuno un giorno tranquillo (c'erano in media cinque pazienti in barella che aspettavano), un muratore di Bolzaneto, sorretto dalle stampelle e con una gamba fasciata, è stato tra i primi a sfogarsi. Rassegnato ha spiegato: «Sono due giorni che navigo nell'universo del pronto soccorso qui a Villa Scassi. Sono arrivato ieri pomeriggio dopo aver preso una brutta botta al piede. Mi hanno visitato, appoggiato su una barella per diverso tempo e poi mi hanno ricoverato. O meglio mi hanno dato un posto in osservazione breve. Vale a dire in una delle salette poste all'interno del pronto soccorso che servono come “deposito”, fino a quando in reparto non si libera un posto. E non posso prendermela neanche con il personale sanitario, perché loro a mio avviso, fanno quello che possono».
E in effetti è bastato entrare in pronto soccorso, per la seconda volta lunedì mattina, per capire, quanto disagio l'utenza è costretta a subire. Il monitor infatti segnava già alle 8.45 pazienti in visita numero 10; pazienti in osservazione breve 19 e pazienti in medicina d'urgenza: totale 9. Sei barelle occupate da malati che aspettano di essere visitati e una fila interminabile di persone davanti al bancone, in attesa di essere registrate. Numeri questi destinati a raddoppiarsi - se non a triplicarsi -durante l'arco della giornata.
In molti durante il secondo giro di perlustrazione de «Il Giornale» a Villa Scassi, così come sabato, hanno impiegato un attimo a denunciare situazioni al limite del paradossale. Insomma si cambia giorno, si modifica l'orario, ma qui a Sampierdarena le lamentele hanno uno stesso comune denominatore: l'attesa.
Ma il malcontento cresce anche tra gli stessi operatori sanitari, soprattutto quando si parla di deaziendalizzazione. «Strategia sbagliata per raggiungere obiettivi diversi e migliorare la situazione», spiegano alcuni di loro. I medici, il personale infermieristico, le associazioni sindacali che rappresentano il personale sanitario e quello dei malati si scagliano infatti contro la deaziendalizzazione di Villa Scassi, perché: «la perdita dell'autonomia aziendale comporterebbe la condanna al progressivo ridimensionamento dell'azienda. E non solo. Ci sono già delle evidenti criticità dovute al fatto che l'ospedale copre l'utenza dell'intero bacino di ponente. Criticità in parte però tamponate da un'amministrazione interna attenta alle diverse problematiche.

Problemi che non si superano trasferendo semplicemente poteri e competenze a direttori di Asl, sottraendoli ossia al direttore generale a cui spetta oggi la rappresentanza legale e tutti i poteri di gestione. Cambiare vorrebbe dire mai come in questo caso: peggiorare».

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