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L’era degli asini professori ecco gli animali in cattedra

L’ultima frontiera della pet therapy sono le «bestie educatrici»: conigli, capre e gatti mostrano agli esseri umani come prendersi cura degli altri. E sul Lago Maggiore tre Labrador insegnano ai bambini a nuotare

Il cane dà coraggio. È la spalla con cui affrontare le sfide: alimenta l’autostima e crea spirito di squadra. L’asino, con il suo testone e l’occhio che sprizza dolcezza, è il re della pazienza: è estremamente rilassante, induce alla calma. La capra, così come i conigli e i gatti, stimola il desiderio di prendersi cura di qualcosa e di qualcuno, sviando l’attenzione da se stessi. Anche i maiali e le cavie hanno un forte potenziale: «disinnescano» la tendenza a essere autocentrati, che è tipica dei bambini. Ecco gli animali e il loro ruolo di educatori. Sì perché hanno tanto da insegnare agli umani, soprattutto ai ragazzini: basta creare le occasioni di incontro, il gioco o organizzare attività che abbiano come fulcro i quattro zampe, i volatili o in generale la natura. Un mondo ricchissimo che amplia l’immaginario e stimola a essere più arguti, comunicativi e a esprimere i propri talenti, con risultati tangibili in pagella, oltre a favorire l'integrazione e combattere l'aggressività e il bullismo. E perché no, si può anche imparare a nuotare dai cani. Una relazione, quella con gli animali, dalle infinite applicazioni didattiche e dai risultati inimmaginabili. Al punto che le scuole italiane (asili, elementari e medie) hanno spalancato le porte a questi “docenti” un po’ particolari: vengono accolti nelle palestre o in cortile o in altri casi i bambini visitano le fattorie didattiche. Spesso, infatti, arrivano là dove l’insegnante “umano” fallisce.
Del resto si sa che la pet therapy fa miracoli con persone autistiche, disabili e malati di Alzheimer, aprendo un canale di comunicazione che consente di risvegliare chi sembrava imprigionato nella propria malattia. Gli animali sono abilissimi anche con chi ha problemi motori, come Jacopo, 8 anni, bolognese che aveva grosse difficoltà di coordinamento. Camminare, alzarsi per lui era una fatica di Sisifo. Come se avesse paura del movimento. Nessuna questione fisica, solo un blocco psicologico. L’incontro con Zac, un pastore francese di 4 anni, è stato decisivo: portarlo a spasso col guinzaglio, prima con l’assistenza di un istruttore, poi in completa autonomia lungo un percorso, fatto di birilli, lo ha completamente sciolto nella capacità di movimento, regalandogli una vita normale. Del resto Zac è irresistibile: per Jacapo è stato amore a prima vista, la leva che gli ha dato la forza di affrontare la battaglia col suo corpo.
Ma gli animali possono essere risolutivi anche nei quotidiani processi educativi e nelle dinamiche sociali. Come in quella quarta elementare di una scuola di Reggio Emilia, vero e proprio specchio della società multietnica e dei conflitti che può generare. Allievi nordafricani che facevano a botte con i cinesi; i sudamericani schierati contro gli albanesi: queste le scene di ordinaria quotidianità. Insomma, tutto fuorché integrazione. Dopo aver battuto varie vie senza risultati, la scuola si è rivolta a Roberto Marchesini, studioso di scienze biologiche e di epistemologia, scrittore e saggista, docente di Psicologia del linguaggio e della comunicazione all’Università di Udine, colui che ha aperto una nuova strada nella zooantropologia, la scienza che studia la relazione uomo-animale, organizzandola sul piano applicativo. “In quella classe la conflittualità era tale da rasentare comportamenti antisociali”, dice Marchesini. Ecco allora che sono scesi in campo gli animali. Dopo un lungo lavoro preparatorio e di ricerca, è stata somministrata la “terapia”. Il volto di ogni bambino è stato dipinto ricalcando le sembianze di un animale tipico del Paese di origine: ad esempio i maghrebini hanno assunto le forme dei dromedari. Davanti agli altri bambini hanno interpretato il ruolo del cammello con una gobba, presentando se stessi e i paesaggi tipici della terra di provenienza come il deserto e le oasi. Proprio come se fosse una recita. “È stato un percorso che ha avuto del magico – dice Marchesini -. Alla fine quelli che erano soliti prendersi a pugni si sono presi per mano – dice Marchesini -. I ragazzi accettano maggiormente il diverso, partendo dagli animali che sono dei grandi mediatori”.
Ottimi risultati anche in una scuola elementare di Villaricca, vicino a Napoli, frequentata da bambini-boss in miniatura, già abituati a spadroneggiare in classe. Contro l’aggressività e i comportamenti distruttivi l’antidoto è stata la progettazione di giardini degli animali, ricreando l’habitat di uccelli e farfalle: quali piante scegliere, come risolvere il problema dell’acqua, tutti sono stati coinvolti nei piani di recupero di aree degradate che sono poi stati regalati alla città. Mentre un coniglio è riuscito a far integrare una bambina sulla carrozzella, emarginata dai compagni di classe. Per lei a scuola era veramente dura: oltre all’handicap fisico, doveva anche fare i conti con la solitudine e la mancanza di considerazione da parte degli altri. Ne è venuta fuori grazie al piccolo rabbit. Dopo lezioni teoriche e pratiche con l’animaletto, che veniva accudito dai bambini, gli stessi hanno imparato a prendersi cura della compagna. Quel senso di protezione che suscitava il “coniglio-peluche” è stato riversato sull’alunna più sfortunata. “È completamente cambiato l’atteggiamento della classe – dice Marchesini, che viene chiamato in tutta Italia per risolvere le situazioni più problematiche -. Il rapporto con gli animali è una palestra delle relazioni tra gli uomini. È qualcosa di contagioso. La bimba è diventata il centro di attenzione”.
In Svizzera, invece, la zooantropologia ha un’applicazione diversa. Sul versante elvetico del lago Maggiore ci sono tre istruttori di nuoto un po’ speciali, dallo sguardo molto dolce e con tanta voglia di lavorare. Si chiamano Orion, Golia e Jari e sono tre Labrador, che insegnano ai bambini a nuotare, o meglio a superare la paura dell’acqua. I piccoli bagnanti vengono trainati dai cani direttamente nel lago o a bordo di un canotto, oltre a fare brevi apnee e lunghe nuotate con i quattro zampe. “Il Labrador – precisa Nicola Gianini dell’associazione Orion – ha un contatto spontaneo e gioioso con l’acqua. Trasmette un senso di calma e di sicurezza ai bambini che in questo modo superano i timori e acquisiscono una maggiore acquaticità”.
Ma il mondo animale come metodo per educare non fallisce mai? “Tutti i bambini che partecipano ai progetti li ricordano – afferma Marchesini che forma veterinari, psicologi, educatori e biologi, i quali poi tengono cicli di lezioni nelle scuole -. Tutti abbiamo avuto un insegnante che ci ha regalato degli entusiasmi. C’è bisogno di questo negli istituti scolastici. Si deve motivare allo studio, renderlo attraente come la gita scolastica. E gli animali hanno un appeal molto forte sui bambini: catalizzano l’attenzione, è come se avessero delle autostrade per i nostri sensi, attivando una molteplicità di canali relazionali dai quali il bambino non viene escluso. Mentre il linguaggio verbale è difficile e non sempre viene recepito in età infantile, l’animale è facilmente comprensibile: è più semplice, perché comunica su archetipi che il bambino riconosce con facilità come mangiare, dormire, accarezzare e giocare. Per questo i più piccoli sentono una forte vicinanza con l’animale”.
Una relazione che deve essere attentamente costruita, valorizzando ciò che cani, gatti e cavie possono insegnarci. Gli operatori – in tutta Italia sono circa 700 - chiamati referee di zooantropologia didattica, realizzano progetti ad hoc sulla base dei problemi che il gruppo deve risolvere. Tengono cicli di circa otto lezioni, una ogni due-tre settimane. Momenti preparatori su cui poi l’insegnante incentra l’attività in classe con esercizi di mimica, disegno, costruzione di maschere e così via. Alla fine del percorso gli allievi incontrano gli animali. Nel cortile della scuola o in palestra hanno luogo le esercitazioni.

Quella classica riguarda la coppia bambino-cane che si esibisce in percorsi al guinzaglio. Oppure al quattro zampe viene offerto un boccone, oltre a essere spazzolato dal suo giovanissimo compagno. Semplici gesti, apparentemente insignificanti, dall’alto potenziale educativo.

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