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L’ERBA DI FEDERER SEMPRE PIÙ VERDE

Terzo successo a Wimbledon per il fuoriclasse svizzero che si aggiudica la sua 21ª finale consecutiva. Roddick liquidato in 1 ora e 41 minuti

Lea Pericoli

Ieri a Wimbledon abbiamo assistito al remake della finale dello scorso anno. Stesso stupendo centrale, stessa scenografia, stessi protagonisti, stesso match. Da una parte Roger Federer «il Divino», dall’altra Andy Roddick uno dei più celebrati sportivi degli Stati Uniti. «A. Rod», questo è il nick name che usano gli amici, è stato selezionato come «sexiest athlete» da People Magazine. Atleta più sexy in campo maschile, titolo che lo ha elevato al ruolo di modello su Vogue. Nella tredicesima giornata del torneo si sono incontrate le due prime teste di serie. Nessuno dei due sapeva che il «tredici» fosse un numero vincolato alla fortuna. Amato da alcuni, temuto da tanti altri. Capita, infatti, di non trovarlo sugli aerei, negli alberghi e nei cinema. Alla vigilia della finale in una conferenza stampa un giornalista aveva posto la domanda ai due campioni, scoprendo che nessuno di loro era superstizioso. Nessuno dei due aveva niente contro il trecici. Meglio così! Per Federer, quello di ieri, è stato un appuntamento con la storia: si trattava di inserirsi nel clan dei immortali. La vittoria lo ha istallato per sempre tra Pete Sampras, Bjorn Borg e Fred Perry, l’ultimo protagonista inglese, ahimè, oggi conosciuto dai giovani soltanto per le sue camicie. Tre vittorie consecutive sono una strepitosa meta, anche se non bastano al campione svizzero: «Non sono sazio. Vorrei vincere su questo centrale altre dieci volte» ha ammonito. La finale si è risolta in un’ora e 41 minuti con il punteggio di 6-2,7-6,6-4. Un successo che non si discute. Federer è il più forte. Ma il fenomeno positivo per il tennis è che la qualità del suo gioco serve da modello per i giovani. Come diceva il grande Lew Hoad: «Quando nasce una stella, nascono a sua immagine e somiglianza eserciti di imitatori».
Il tennis di Federer è una benedizione. È un’arte che esce dai testi sacri. È l’assoluta perfezione. Un antidoto alla forza bruta, alla violenza pura, che ha caratterizzato gli ultimi anni. Per Andy Roddick c’è stato ben poco da fare. Non è servito neppure il break conquistato a sorpresa nel secondo set, quando l’americano ha intrapreso una fuga che lo ha portato 3-1. Roger ha subito trovato l’antidoto. La soluzione è arrivata al tie break: per 7 punti a 4. Sul vantaggio di due set a zero la pioggia ha interrotto il match. Al rientro in campo l’americano ha tentato di abbreviare i tempi, prendendo d’assalto la rete. Ma i problemi sono raddoppiati. Tradito dal servizio Andy non è stato capace di colmare le lacune che caratterizzano il suo rovescio a due mani. È raro che un film, se non è bellissimo, visto per la seconda volta si trasformi in un capolavoro. Lo spettacolo messo in scena da Federer e Roddick nel 2004 aveva un pizzico di incertezza in più.
Al microfono di Sue Barcker l’americano ha affermato: «È davvero difficile giocare contro un campione così completo. Roger ha perfezionato ogni parte del suo gioco. Invece che con la racchetta potrei sfidarlo a cazzotti». Quando lo aveva chiamato per l’intervista Sue si era scusata: «Forse in questo momento non hai tanta voglia di parlare». Andy sorridendo le aveva risposto: «È vero! In questo momento soltanto una birra mi potrebbe consolare». Tutti ci eravamo chiesti se anche questa volta Federer avrebbe pianto. Il divino campione che, mentre gioca, sembra scolpito nel ghiaccio, dopo l’ultimo quindici, si è lasciato cadere sull’erba di Wimbledon. Le mani sulla faccia per nascondere le lacrime. Momenti di emozione intensa, dolci da condividere.
Quando, al microfono, il numero uno del mondo ha espresso la gioia per la vittoria era raggiante. Il suo terzo successo nel Tempio del tennis diventa la sua quinta vittoria in una Prova del Grande Slam. Per non parlare del record di 21 finali consecutive conquistate. In questa stagione ha già vinto Indian Wells, Miami, Amburgo, Dubai, Rotterdam, Doha, Halle. Molti di noi appassionati di tennis si augurano che la perfezione del suo gioco gli consenta di emulare le gesta di Rod Laver e Don Budge, gli unici che riuscirono a mettere assieme il Grand Slam: Australia Open, Roland Garros, Wimbledon, US Open, nello stesso anno.

Si tratta di un sogno che hanno inseguito invano tutti i grandi.

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