Roma

L’esercito dei bambini «schiavi»

Stefania Scarpa

Per loro niente giochi. La giornata è scandita dal lavoro, come fossero adulti. Fanno di tutto: chiedono l’elemosina in strada, lavorano in officine meccaniche, nei cantieri edili, nei negozi, fanno i lavori domestici. Proprio come i loro genitori. Per dirlo in una parola, vengono sfruttati da adulti senza scrupoli, che pur di avere la manodopera a poco prezzo preferiscono non guardare la data di nascita sulla carta d’identità.
Soltanto a Roma sono 1.134 i bambini, al di sotto dei 15 anni, che vengono praticamente «schiavizzati». Per metà sono romeni, arrivati nella capitale assieme ai genitori, dediti in gran parte all’accattonaggio, l’altra metà è divisa tra cinesi e italiani. Il dato, emerso lo scorso anno da una ricerca Ires-Cgil, è ora confermato ed approfondito da una nuova indagine, che sarà pubblicata ad ottobre e che riguarderà dieci grandi città italiane. A spiegarlo è la ricercatrice dell’Istituto di ricerca economico e sociale del sindacato, Anna Teselli. «Nelle periferie romane - sottolinea la Teselli - i bambini sfruttati accompagnano i propri padri lavorando come elettricisti od idraulici, o si dedicano all’edilizia lavorando a giornata, mentre le bambine si danno da fare come parrucchiere oppure sono usate nelle attività domestico». Un punto, quest’ultimo, molto «delicato - spiega la ricercatrice - perché, a livello di dibattito internazionale si divide tra “child labour”, lavoro sfruttato, e “child work”, lavoro leggero che non lede i diritti dei bambini». «A Roma - precisa ancora la ricercatrice - le bambine sono utilizzate per compiere veri e propri lavori domestici e per prendersi cura dei loro fratelli minori, operando in sostituzione delle madri». Forme di lavoro minorile sono emerse anche all’interno della comunità cinese romana. «Bambini, di entrambi i sessi e con un’età compresa tra i dieci e i quattordici anni - spiega la Teselli - coinvolti nelle attività commerciali che impiegano i loro genitori, siano gestori od stipendiati».
Se si calcola anche il lavoro leggero, i numeri si fanno ancora più impressionanti: nella capitale sono oltre 8mila i bambini «lavoratori». Di questi 685 hanno un’età compresa tra i 7 e i 10 anni, 3.799 hanno tra gli 11 e i 13 anni, mentre 3.736 sono i quattordicenni. «A questi - dice la ricercatrice - vanno ad aggiungersi i minori di origine nord africana ed albanese che, seppur sfruttati, fuggono dalle statistiche perché restii a fornire testimonianze per via della loro clandestinità».
Una situazione drammatica, dunque, che il Campidoglio non vuole fingere di non conoscere. Per questo l’assessorato alle Politiche dell’infanzia del Comune ha promosso una campagna che ha l’obiettivo di sensibilizzare i cittadini sulla condizione di questi bambini e adolescenti, che vedono negati i loro diritti al gioco, all’istruzione, alla possibilità di avere un sano sviluppo emozionale e di compiere delle scelte di libertà. «In occasione dell’8 giugno, giornata mondiale contro il lavoro minorile - spiega l’assessore Pamela Pantano - stiamo proiettando immagini di bambini sfruttati sugli schermi dei mezzi pubblici perché i cittadini possano, riflettendo su questo tema, segnalarci casi di sfruttamento minorile».

Alla giornata parteciperanno per la prima volta i ragazzi di tredici scuole romane, dalle elementari alle superiori, che nel corso dell’anno hanno partecipato al progetto Scream, l’iniziativa del programma internazionale per l’eliminazione del lavoro minorile promosso dall’International labour organization (Ilo).

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