L’esperto olimpico: «I Giochi a Milano non sono un sogno»

Lo spiega in un libro Michael Payne, membro del Cio per vent’anni

Claudio De Carli

Quando il presidente cinese Hu Jintao salirà sul podio del nuovo e spettacolare Stadio Olimpico di Pechino per dichiarare l’apertura dei XXIX Giochi Olimpici dell’era moderna, davanti agli schermi ci saranno 4 miliardi di telespettatori. Gli organizzatori hanno previsto che durante i 17 giorni delle gare, la Cina verrà visitata da un numero di persone superiore a quello totale dei suoi ultimi cento anni. Due rilievi per dare un’idea della grandiosità dell’evento, partito praticamente nella notte dei tempi con quella pazienza che per antonomasia è propria dei cinesi. Era il 1908 quando la rivista Tianjin Youth si chiese: «Quando sarà possibile per la Cina ospitare i Giochi Olimpici nel proprio territorio?». C’è voluto un secolo, nel 2008 il sogno dei Giochi per la Cina fisserà un passaggio storico epocale.
Il 29 gennaio, in occasione della mostra a Palazzo Marino sul Fuoco Olimpico in cui verranno esposte alla curiosità dei milanesi tutte le fiaccole dei Giochi che hanno attraversato la storia della più grande manifestazione sportiva, culturale e di marketing del mondo, verrà presentato anche Olympic Turnaround di Michael Payne, il dizionario dei Giochi. Il londinese Payne è stato per più di vent’anni il direttore marketing del Cio, ha compilato strategie e trattato con gli sponsor, ha raddrizzato un carro che si era sfasciato e del quale in molti prevedevano la fine. In sostanza ha organizzato le Olimpiadi fino all’ultima edizione di Atene. Il suo libro, una sorta di guida assistita ai cinque cerchi, è un contenitore di informazioni che promotori, membri del Comitato e altri di buona volontà che a vari livelli vorrebbero salire sul carro milanese della candidatura, dovrebbero imparare a memoria. Prima spaventa, poi sprona.
Nell’apprendere quanto costi in termini di concorrenza, denaro, fatica e ingegno, mettere in moto la macchina organizzatrice, si potrebbe anche decidere di lasciar perdere: e chi ce la fa?
Ma alcuni esempi sono poi propedeutici, nulla è impossibile e nulla, come la designazione della sede, è lì a dimostrarlo. Quando Seul si propose come sede per i Giochi del 1988, nessuno la prese in considerazione, era a non più di 50 chilometri dal confine e la situazione con la Corea del Nord era pesantissima. Russi e americani non ne volevano sapere e si chiedevano come fosse possibile organizzare un’Olimpiade nel bel mezzo di una zona di guerra. Negli anni Ottanta Los Angeles non voleva saperne, l’84 per cento dei cittadini aveva votato contro e temeva di diventare poverissima. Dopo una visita dei rappresentanti del Cio, il dossier sulla valutazione della candidatura di Atene era raccapricciante, come quello di Barcellona. Londra prima ha nuotato nello scetticismo più assoluto, adesso eccitata conta i giorni che la dividono dalla data del 2012.

E se qualcuno riesce ancora a nutrire dubbi, il caso Sydney sgombra il campo: aveva contro tutti, anche il suo Governo di Melbourne.
Il libro di Payne non dice chiaramente: Milano fatti sotto. Ma spiega come evitare di morire prima ancora di essere trafitti.

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