«L’Esquilino è una polveriera, ora basta»

Il sindacato dei vigili rilancia l’allarme già dato da An

Rita Smordoni

Esquilino: dicono basta i vigili urbani dopo il rogo di lunedì scorso nel negozio cinese di giocattoli di via Cattaneo. La denuncia parte dal sindacato Sulpm, che punta l’indice contro l’indifferenza del Comune di Roma. Nel negozio le fiamme si sarebbero sviluppate in più punti e ciò ne farebbe presumere l’origine dolosa. Subito dopo l’incendio An non aveva mancato di lanciare l’allarme. Il consigliere Marco Marsilio denunciava la presenza di balle di vestiti sintetici altamente infiammabili nei negozi cinesi all’Esquilino: «Ci chiediamo se non si configuri un’ipotesi di grave omissione di controllo da parte del Comune, anche perché i vigili sono sempre in numero insufficiente nel Rione». «Da anni ormai - rincarava la dose il capogruppo Sergio Marchi - denunciamo alle autorità gli alti rischi legati alla presenza nei magazzini di giocattoli e vestiti accanto a bombole a gas».
L’Sos di An è ora raccolto e rilanciato dagli stessi vigili. «Dal ’99 a oggi - sostiene Alessandro Marchetti, segretario romano del Sulpm - il Comune avrebbe potuto salvaguardare efficacemente l’Esquilino, utilizzando gli strumenti regolamentari disponibili per impedirne la trasformazione nella nuova Chinatown». Il Decreto legislativo 114/1998, ricorda il sindacato, dispone che per aprire un negozio con meno di 250 metri quadrati di superficie basta una semplice dichiarazione d’inizio attività del commerciante. Questa è stata una delle cause che hanno consentito la «cinesizzazione» dell’Esquilino. Ma l’articolo 10 dello stesso decreto prevede, spiega il Sulpm, per i centri storici l’attribuzione di maggiori poteri ai Comuni relativamente alla localizzazione ed apertura di esercizi di vendita, al fine di rendere compatibili i servizi commerciali con le funzioni territoriali di viabilità, mobilità dei consumatori ed arredo urbano. La Legge 33/99 della Regione Lazio all’articolo 20 stabilisce che i Comuni possono prevedere specifiche normative atte a regolamentare la localizzazione delle strutture di vendita nei centri storici, attraverso appositi programmi d’intervento, per riqualificare e salvaguardare il tessuto urbano di antica origine, eliminando fenomeni di degrado e abbandono». Insomma, basterebbe applicare le due leggi per salvaguardare con più efficacia sia l’Esquilino sia i commercianti nostrani. Non basta. «Invece di mettere chioschi e negozietti nella ex caserma di via Pepe, gestiti in maggioranza da extracomunitari, il Comune potrebbe inserirci il Gruppo Sicurezza Sociale Urbana (G.S.S.U.) della Polizia Municipale e dotarlo di strumenti adeguati - aggiungono i sindacalisti -, in modo da poter intervenire all’Esquilino e offrire sicurezza ai cittadini romani. Siamo invece al paradosso. Nella ex-caserma ci sono i chioschi degli immigrati e nei grandi magazzini dell’ex-Upim di via Giolitti, invece, Veltroni ci ha messo i vigili del G.S.S.U.. Che lavorano in condizioni di grave disagio: in locali senza aria né finestre, senza nemmeno vie di fuga in caso di incendio».
L’Esquilino è la zona di Roma a più alta densità di immigrati, compresi numerosi clandestini. «Eppure il Comune non se ne cura ed accadono episodi incredibili - racconta Alessandro Procopio, dirigente Sulpm -. I vigili del G.S.S.U.

di Roma sono stati mandati a Latina a insegnare il fotosegnalamento dei clandestini ai vigili di Latina, mentre il Campidoglio non ha dotato il suo Gruppo delle strutture per poterlo fare». «Insomma - conclude Marchetti - l’Esquilino sembra subire dal sindaco la stessa sorte della polizia municipale: l’indifferenza».

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