L’euro ci ha reso poveri perché fa spendere di più

Caro dr. Granzotto con l’euro la nostra amata lira si è dimezzata, cioè ha perso il suo valore del cinquanta per cento! Questa amarissima realtà che noi cittadini comuni (io sono in pensione) constatiamo giorno per giorno, secondo me non viene denunciata regolarmente dai «media». Anche se guardo e ascolto poco la televisione, in qualche trasmissione dove si parla di economia, di consumi, delle famiglie che si indebitano, che non si riesce ad arrivare alla quarta settimana del mese, è molto raro che si dica questa amara realtà: con l’euro ci abbiamo perso! Chiedo a lei, del quale mi fido senza riserve, se è così e, se è così, perché non lo si dice continuamente per far arrivare nella testa della gente chi è stato l’artefice di cotanto disastro: Prodi? Così magari potrebbero regolarsi alle prossime elezioni... Intanto mi piacerebbe molto conoscere la sua opinione su cosa effettivamente sia successo.


Io la penso come lei, gentile lettrice, ma da Prodi a Napolitano, da Veltroni a Padoa-Schioppa, tutti dicono che no, che l’euro non c’entra niente ed anzi ci ha fatto più ricchi e più forti di prima. Eppure la sensazione che dieci euro son diecimila lire e non ventimila l’abbiamo in molti. Non parliamo poi della monetina da un euro, quasi un soldo bucato per quel che ci puoi fare. E loro a ripetere ma va, è esattamente il corrispettivo di mille 936 virgola 27 lire. Però ci compri l’equivalente di 468 virgola 135, non ci son santi. Non sarebbe giusto affermare che l’euro era e resta una iattura: ha infatti i suoi pro. Però non sembrano proprio sufficienti a mitigare il peso dei contro. Dicono che l’euro ci ha tolto il viziaccio di gingillarci con il tasso di sconto o con le altre misure della politica monetaria. Giusto, ma quanto ci farebbe comodo oggi una manovrina del buon tempo andato - manovrina legittima, fra i più efficaci strumenti in uso alle banche centrali - ora che abbiamo quel popò di cambio col dollaro. «Supereuro devastante», così si è espresso Montezemolo: devastante. Nondimeno, siccome la Banca Centrale Europea deve tener conto delle economie e delle finanze tedesca e italiana, ma anche di quella lettone, slovacca, slovena, maltese (ha presente Malta, gentile lettrice?) e di quella d’una fetta di Cipro (ha presente Cipro? Metà - 9mila chilometri quadrati, 715mila abitanti - è «europea», metà turca), a Francoforte non si muove foglia.
Non so se, come molti affermano, stavamo meglio prima, gentile lettrice. Ma che il valore reale dell’euro che ho in tasca sia il risultato di una alchimia monetaria in grado di soddisfare le esigenze di 24 Paesi diversi, bé, non è confortante. Farà felici i banchieri, su questo non ci piove. Farà felici gli europeisti che vagheggiano la «patria comune», e nemmeno su questo ci piove. Però l’impressione generale è che l’euro non solo ci ha reso più poveri (o meno ricchi, dipende), ma per una ragione che lo psicologo potrebbe meglio indicare ha indotto anche ad esagerare col credito al consumo. E cioè con le rate sottoscritte disinvoltamente in quanto, lì per lì, i quaranta o settanta euro mensili per il televisore al plasma o per la vacanza alle Maldive erano avvertiti come cifre, come entità numerica modesta. Non l’equivalente di ottantamila e centoquarantamila sonanti lire.

Che sommate fanno duecentoventimila, da sborsare giusto alla quarta settimana, quella più dura. E dunque anche questo possiamo metter a carico dell’euro, gentile lettrice: l’aver indotto a fare il passo più lungo della gamba.

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