MilanoBisognava guardare negli occhi Clarence Seedorf, intervistato da Milan Channel, con Ibrahimovic al fianco, per capire la magia avvenuta nelle viscere del Milan. «Vieni, Ibra, vieni» lo invitava dinanzi alle telecamere l'olandese che ha sempre avuto una stima massima delle proprie capacità e un feeling speciale per i grandi tenori, da Kakà a Ibrahimovic appunto. Lo guardava dal basso verso l'alto (tra i due c'è anche una bella differenza in centimetri) per confessare a un certo punto: «Era da 5 anni che gli parlavo e lo corteggiavo e finalmente si è deciso a venire da noi». Quello che è accaduto al Milan negli ultimi giorni si può così rappresentare: col sorriso aperto di Seedorf e con i due gol di Ibra che hanno regalato una forte emozione ai 70mila di San Siro e inaugurato una Champions con un paio di squilli di tromba. È vero, poi Ibra si è messo a discutere con l'Arrigo, perché lui è così, molto viscerale e poco disposto ad accogliere critiche e censure al suo lavoro, ma alla fine, dagli stessi microfoni ha insistito su un aspetto della vicenda, sapendo di "stuzzicare" la concorrenza interista (Moratti non gradì l'espressione usata il giorno della presentazione ufficiale e rispose alla sua maniera: «Ai miei consiglio di non parlare mai del loro passato»).
Ibra ha insistito: «L'unica cosa che ho da dire è la seguente: mi fa molto piacere fare gol con questa maglia che è la più bella indossata nella mia carriera». Poi si potrà disquisire sull'utilità del piedone nel primo sigillo, oppure sull'abilità balistica nel trovare l'angolo lontano sul secondo o infine sui corsi e ricorsi storici. Lo svedesone non ha mai vinto una Champions e non ha mai timbrato il cartellino alla prima euro-sfida, come è successo mercoledì notte a San Siro. È un segno del destino? Forse. Di sicuro Ibrahimovic è entrato presto in sintonia col suo nuovo popolo e il Milan si è ritrovato subito a cavallo, vincendo la prima sfida della Champions come gli succede, puntualmente, dal 2002, altra abitudine che racconta delle motivazioni del club e della squadra. Non solo. Ma il suo arrivo, per Milanello ha rappresentato uno scossone autentico: allora non siamo più figli di un dio minore, hanno pensato i reduci di Atene e Yokohama. Contro l'Auxerre, Seedorf e gli altri hanno cominciato a cercarlo in modo sistematico, come deve accadere per sfruttare al meglio una delle qualità più vistose di Ibra, la difesa della palla.
I due sigilli di Ibra sono riusciti nell'intento di mettere in un cantuccio quell'uscita anticipata dalla panchina verso lo spogliatoio di Pippo Inzaghi (dopo il terzo cambio) che continua ad avere in testa il tarlo del record di euro-gol da raggiungere e superare e persino a far passare in cavalleria anche il resoconto poco confortante dell'infermeria relativo agli accidenti accaduti prima ad Ambrosini e poi a Pato. Per il capitano referto meno allarmante: distrazione capsulare del ginocchio sinistro senza rotture legamentose. Che vuol dire 2/3 settimane per il recupero: appuntamento alla sfida col Parma, nella migliore delle ipotesi. Per il giovane brasiliano invece non si è trattato di un modesto insulto muscolare: piccola distrazione di alcune fibre del lungo adduttore della gamba sinistra. Appuntamento a dopo la sosta di ottobre. Non è un caso che Thiago e Pato, entrambi reduci dallo stage settimanale a Barcellona con la nazionale brasiliana, siano incappati in un infortunio. In questi casi la spiegazione non è certo la fragilità muscolare dei due quanto invece il cambio di metodologia negli allenamenti. Sarà l'occasione per misurare e tastare il resto del mercato effettuato dal Milan nell'ultima settimana di agosto.
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