Massimiliano Scafi
da Roma
Più «unità», più «coesione», più «destini da mettere in comune». Insomma, dice Carlo Azeglio Ciampi, serve più Europa. Il doppio no al Trattato arrivato con i referendum di Francia e Olanda, il fallimento del vertice di Bruxelles, le parole dure di Bossi domenica a Pontida. Ma per il capo dello Stato non cè alternativa, non cè «un altro modello più efficace di quello che ci è stato dato in eredità dai padri fondatori» perché «le nostre culture fondanti sono un baluardo contro il riemergere del nazionalismo esasperato».
Dunque bisogna «andare avanti». Il momento è difficile, «siamo su un crinale», però «non possiamo arrenderci». Certo, spiega Ciampi incontrando al Quirinale i partecipanti a un convegno organizzato dalluniversità Gregoriana, qualche cosa va cambiata, qualche errore va corretto: «LUnione europea non può funzionare solamente sulla base di un sistema di norme e regole, ma è sorretta da unidea essenziale, la comunità di destini». E non è vero, insiste, che la burocrazia comunitaria soffoca gli Stati: «Le diversità interne completano e consolidano le identità nazionali, le rendono partecipi della ricchezza di un comune patrimonio culturale, espandono gli orizzonti dei cittadini, moltiplicano le opportunità dei nostri giovani». E non è, aggiunge, questione di dazi, come chiede la Lega: «Lunità e la coesione ci tutelano contro le incognite della globalizzazione e impediscono che la differenza di culture, religioni e nazionalità diventi fonte di contrapposizione». E poi non possiamo «deludere i dieci nuovi Paese entrati lanno scorso nella Ue dopo 40 anni di dittatura».
Da qui la necessità di riprendere comunque in mano la Costituzione: «Ha rappresentato - dice ancora Ciampi - loccasione per rafforzare le basi dellordinamento e migliorare la governabilità dellEuropa allargata. Ora si è verificata una battuta darresto ed è incerto quando il lavoro per il Trattato potrà essere ripreso. Però rimane essenziale per contrastare le forze centrifughe che insidiano lunità europea e per fare prevalere il bene comune sugli interessi antagonisti degli Stati».
I Paesi membri hanno fatto da tempo la scelta fondamentale, quella di «rimuovere le contrapposizioni e di lavorare insieme per il raggiungimento delle finalità comuni». Per questo, nonostante siamo «in bilico», indietro non si torna.
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